Corriere della sera – La 27 ora – 27 settembre 2016 – Cristina Obber
LA SENTENZA DEI PARIOLI
Risarcire una vittima di stupro con libri è accusarla di ignoranza
di Cristina Obber
In questi giorni si parla molto della sentenza relativa al giro di prostituzione minorile ai Parioli. Ne ho parlato con la dottoressa Maria Squillace, responsabile del centro abuso su minori di Reggio Calabria, che in più di vent’anni di attività ha incontrato centinaia di bambini e adolescenti.
Cosa pensa della sentenza che ha condannato l’adulto a donare alla ragazzina dei libri?
E’ grave che si affidi a lui un atto di rieducazione. Non c’è niente di più sbagliato. Stiamo giustificando l’abusante. E’ assurdo pensare di intervenire facendole fare cose che secondo noi sono risolutive. E davvero pensiamo che un libro può far riparare un trauma? Deve essere chiaro che qui c’è un trauma, che è quello del post-trauma da abuso, perché di abuso si tratta a 14 anni. Questa sentenza riporta la responsabilità sulla vittima, dicendole che se fosse stata consapevole della propria dignità non si sarebbe trovata in quella situazione. Sappiamo che a 14, 15 anni, il cervello non è completamente sviluppato nell’area frontale che è quella che definisce il controllo degli impulsi.
Ti puoi atteggiare ad adulto ma rimani un adolescente. C’è una immaturità biologica di cui non si parla. L’adolescente vuole sperimentare anche nelle cose estreme come ad esempio saltare da una finestra all’altra di uno stabile. Esaspera a volte il suo bisogno di mettersi alla prova, di richiamare su di sé un’attenzione che altrimenti non sente di ricevere o di confrontarsi incoscientemente con i propri limiti. Un minore va tutelato anche nelle follie che fa. La sentenza non riconosce alla ragazzina che il suo cervello non ha ancora sviluppato tutte le competenze e le connessioni con un pensiero adulto. Dicendole “Se leggi questi libri queste cose non le fai più” la sentenza carica la ragazzina di una responsabilità che è invece degli adulti che la circondano, soprattutto di quei pedofili che hanno pagato per avere il suo corpo a disposizione. La consapevolezza sta nell’adulto, non nella ragazzina.
In questi giorni si parla molto della sentenza relativa al giro di prostituzione minorile ai Parioli. Ne ho parlato con la dottoressa Maria Squillace, responsabile del centro abuso su minori di Reggio Calabria, che in più di vent’anni di attività ha incontrato centinaia di bambini e adolescenti.
Cosa pensa della sentenza che ha condannato l’adulto a donare alla ragazzina dei libri?
E’ grave che si affidi a lui un atto di rieducazione. Non c’è niente di più sbagliato. Stiamo giustificando l’abusante. E’ assurdo pensare di intervenire facendole fare cose che secondo noi sono risolutive. E davvero pensiamo che un libro può far riparare un trauma? Deve essere chiaro che qui c’è un trauma, che è quello del post-trauma da abuso, perché di abuso si tratta a 14 anni. Questa sentenza riporta la responsabilità sulla vittima, dicendole che se fosse stata consapevole della propria dignità non si sarebbe trovata in quella situazione. Sappiamo che a 14, 15 anni, il cervello non è completamente sviluppato nell’area frontale che è quella che definisce il controllo degli impulsi. Ti puoi atteggiare ad adulto ma rimani un adolescente. C’è una immaturità biologica di cui non si parla. L’adolescente vuole sperimentare anche nelle cose estreme come ad esempio saltare da una finestra all’altra di uno stabile. Esaspera a volte il suo bisogno di mettersi alla prova, di richiamare su di sé un’attenzione che altrimenti non sente di ricevere o di confrontarsi incoscientemente con i propri limiti. Un minore va tutelato anche nelle follie che fa. La sentenza non riconosce alla ragazzina che il suo cervello non ha ancora sviluppato tutte le competenze e le connessioni con un pensiero adulto. Dicendole “Se leggi questi libri queste cose non le fai più” la sentenza carica la ragazzina di una responsabilità che è invece degli adulti che la circondano, soprattutto di quei pedofili che hanno pagato per avere il suo corpo a disposizione. La consapevolezza sta nell’adulto, non nella ragazzina.
Eppure la giudice che ha disposto la sentenza ha un curriculum di tutto rispetto.
La buone intenzioni non bastano. Forse non è chiaro che per superare un trauma non serve a nulla leggere dei libri. Un giudice non è un medico, si dovrebbe affidare a professionisti specializzati; non ad uno psicologo qualunque ma ad uno che abbia le competenze in ambito di traumatizzazione nell’ età evolutiva. C’è un danno biologico che non viene riconosciuto. Gli stereotipi sono così presenti nella nostra cultura che riescono a rendere miopi anche persone che pensano di combatterli. Lo dico con grande dispiacere. C’è anche un atteggiamento di stampa e media che da’ protezione all’abusante, che continua a scrivere baby-squillo. Vuol dire che vedi dietro a una baby una squillo; non vedi la bambina, l’essere umano. Vedi il fatto che aveva rapporti sessuali promiscui; non le si riconosce che è una ragazzina in crescita, le si dice se leggi non ti comporti più male. Ecco la discrepanza: è una baby, non una squillo. Una bambina è vittimizzabile. La superficialità con cui si trattano questi temi è disarmante.
Cosa pensa del fatto che non sia stato disposto anche un risarcimento in denaro?
Questo è gravissimo poiché non imporre un risarcimento economico alla vittima si traduce, per la stessa, nella conferma del proprio disvalore. E’ un altro messaggio perverso: se non c’è risarcimento economico è perché “io non valgo niente”, questo pensa una ragazzina. Provi a dire a qualcuno che aspetta un risarcimento per la morte di un congiunto che il risarcimento non c’è perché tanto nessuna cifra può equipararsi ad una vita umana. E’ il risarcimento che restituisce dignità alla vittima. Oltretutto questa ragazza ha un avvenire compromesso e la attende un percorso psicoterapeutico a lungo termine per riparare il danno biologico e le ferite che ha subito, deve superare la stigmatizzazione e riconoscersi come persona e non come persona che non vale più niente; deve affrontare il disturbo psichiatrico che ha acquisito facendo esperienza di sessualità promiscua. Chi sarà in grado di affrontare questi costi? E’ facile negare un risarcimento in denaro quando spetta ad altri. Questa sentenza sostiene la pedofilia, che è in aumento.