Huffpost 8 marzo 2020 – Loredana Taddei
Meno parole, dalla politica aspettiamo fatti concreti
Nei giorni scorsi un deputato del Pd ha postato un’immagine dell’aula di Montecitorio sconsolatamente vuota mentre si discuteva una mozione su iniziative contro la violenza sulle donne e per la parità di genere. Questo nel Paese dove avviene un femminicidio ogni 72 ore e dove la parità di genere e retributiva si allontanano sempre di più (siamo retrocessi al 76esimo postosu 153 Paesi, nel Report gender gap 2020 del World Economic Forum). Nel paese delle disoccupate, secondo il Censis, ultimo in Europa per tasso di occupazione femminile, per lo più precaria e a bassa qualifica e dove solo il 28% delle posizioni dirigenziali nelle aziende private italiane è ricoperto da donne.
Poi spunta nei social quell’aula vuota che spiega meglio di qualsiasi analisi questi record negativi. Coincide perfettamente con la quasi totale assenza di misure politiche incisive, conferma la marginalità delle grandi questioni che riguardano le donne in Italia. Non a caso costrette ancora a dover scegliere se lavorare o fare un figlio. Questa è la pratica, poi c’è la teoria sul benessere delle donne che coincide con quello dell’intero Paese e sul Pil che aumenterebbe di molti punti se l’occupazione femminile fosse più alta.
Tutto vero, ma la domanda è quando coincideranno teoria e pratica? (Chi ci rappresenta in Parlamento, lo sa che le donne sono oltre la metà della popolazione e non una sparuta minoranza?)
Intanto arriva l′8 Marzo e scatterà puntuale il rituale fatto di solenni dichiarazioni, annunci e promesse. Partiti e politici celebreranno le donne sui social, rinunciando quest’anno a causa del coronavirus a monumentali convegni ed “eventi”. Leggeremo frasi rincuoranti sull’importanza del ruolo delle donne nella società, e sentiremo da più parti dire che “la condizione delle donne attesta il grado di civiltà raggiunto da un Paese”. Se è così, e lo è, allora evidentemente questo non è un paese civile!
Stanno avendo finalmente attenzione invece le ricercatrici italiane, che hanno isolato il coronavirus. Perché è solo nelle emergenze, come loro stesse hanno fatto giustamente notare, che ci si accorge di loro.
Così una delegazione dell’Intergruppo della Camera, insieme alla ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia hanno incontrato il presidente del Consiglio per parlare dello straordinario lavoro che in queste surreali settimane stanno svolgendo anche tante donne – ricercatrici, scienziate, mediche e infermiere – con una professionalità e una competenza fuori del comune. Nell’incontro è stata affrontata l’urgenza di stabilizzare le troppe precarie in questi settori, che stanno contribuendo con risultati eccellenti ad affrontare l’emergenza sanitaria. Eccellenze sottopagate, che lavorano stabilmente nell’Università da precarie, in dipartimenti spesso privi di fondi adeguati per la stessa attività di ricerca e didattica. Eccellenze, sottopagate rispetto ai colleghi maschi, che fanno parte di quell’esercito di 3.500 precari che pur vivendo in una condizione di vergognoso sfruttamento, fanno grande la ricerca italiana. Molte e molti di loro aspettano una stabilizzazione in media da 10 anni. Mentre si continua a non investire seriamente nella ricerca, privata delle risorse necessarie.
Perfino il Politecnico ha fatto autocritica, in uno studio dove è giunto alla conclusione che le donne restano svantaggiate negli atenei anche se i loro risultati sono più brillanti rispetto a quelli dei colleghi. Sono penalizzate in studi e carriere, con contratti precari anziché a tempo indeterminato E con stipendi più bassi degli uomini già in ingresso e non solo durante la carriera. Ragazze “combattive” che si fanno strada in università, nonostante le diversità di trattamento.
Una effettiva parità di diritti fra uomini e donne è dunque lontana anche nel mondo della ricerca scientifica, dove all’aumento delle donne laureate e iscritte ai corsi di laurea in materie scientifiche, per giunta superiori qualitativamente agli uomini, corrispondano solo in una percentuale molto bassa posti di prestigio e di responsabilità. Un numero ancora più ridotto arriva poi ai vertici dirigenziali degli Enti di ricerca pubblici e privati.
È necessario invertire questa tendenza, è necessario farlo adesso. E ricordiamoci che l′8 Marzo non è la festa della mamma, non è proprio una festa, ma un giorno di battaglia, che di questo passo sarà ancora molto lunga, intanto le donne vanno avanti, fanno la differenza e come vediamo in queste settimane con grandi risultati. Indietro non si torna
Articolo di Loredana Taddei