Lettera dell’ Associazione Donne Magistrate Italiane al Capo dello Stato e Presidente del CSM

All’attenzione di : Al Signor Presidente della Repubblica prof. Sergio Mattarella Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura

ROMA e p.c. Al Signor Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede

Le recenti pubblicazioni su quotidiani del contenuto delle ulteriori captazioni avvenute nel corso delle indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Perugia hanno confermato la gravità delle condotte poste in essere da alcuni componenti dell’Organo di Autogoverno della Magistratura, già emerse nel maggio 2019, riportando l’attenzione sulla necessità di riforme indilazionabili, sulle quali, invero, si dibatte da tempo. L’ A.D.M.I. ha più volte evidenziato l’urgenza di una risposta efficace alla questione morale che ha investito parte della Magistratura.

Le conversazioni da ultimo pubblicate confermano una gestione arrogante del potere in base a canoni di spregiudicata autoreferenzialità. In proposito non può tacersi dell’evidente caduta di stile del linguaggio utilizzato nei confronti delle donne da “piazzare” o da escludere, espressione di un sistema di potere sostanzialmente declinato al maschile e caparbiamente “blind gender” nei luoghi dell’Autogoverno e nelle posizioni di vertice della Magistratura.

L’ A.D.M.I. ha in questi anni avanzato proposte concrete, coinvolgendo nel dibattito le Istituzioni e formulando la richiesta dell’inserimento della doppia preferenza di genere obbligatoria nell’attuale legge elettorale del CSM, in attesa di una riforma più ampia, concretatasi nel disegno di legge n. 4512 del 2017, esaminato in Commissione, con il parere favorevole dei quattro autorevoli costituzionalisti auditi (in questa legislatura sono state presentate altre proposte che ne riprendono le tematiche, la n. 976 del 2019 on. Rossello e la n. 2233 del 2019 on. Pollastrini).

E’ amaro constatare che l’approvazione di quella proposta, oltre a consentire un’adeguata rappresentanza di genere all’attualità, avrebbe garantito la partecipazione di un maggior numero di candidati alle elezioni C.S.M. del 2018 e avrebbe evitato le elezioni suppletive in esito alle dimissioni del giugno 2019.

L’ A.D.M.I. già nel 2006, in relazione al D.Lgs. n. 160, e poi nel luglio 2015, in fase di approvazione del nuovo T.U. sulla dirigenza, unica, ha manifestato il suo fermo dissenso all’introduzione di regole che incentivavano la costruzione di un “cursus honoris” per gli incarichi dirigenziali non strettamente collegato al lavoro giudiziario.

In alternativa, si chiedeva l’adozione di criteri di valorizzazione dell’attività svolta dal magistrato, con l’individuazione di parametri, oggettivi e predeterminati, prevalentemente incentrati sullo svolgimento della funzione giudiziaria, e non su “titoli” acquisiti “aliunde”, stante la difficoltà per le magistrate di svolgere attività collaterali nel periodo in cui normalmente è più stringente l’impegno di cura all’interno della famiglia.

Rimasta inascoltata la nostra voce all’interno della Magistratura, ci rivolgemmo a Lei, sig. Presidente, con una lettera nella quale esponevamo le nostre perplessità sul nuovo sistema. E’ amaro altresì ora constatare che in fase applicativa quelle criticità si sono manifestate oltre ogni previsione, determinando meccanismi di competizione che hanno impoverito il sistema della dirigenza con un’accentuazione delle pratiche di spartizione e dei profili di autoreferenzialità.

Assistiamo oggi alla formulazione di proposte di legge per l’elezione del C.S.M., poco chiare e con meccanismi macchinosi, che sembrano dettate, come l’attuale legge elettorale, da intenti punitivi della Magistratura, piuttosto che dalla volontà di dare adeguata rappresentanza e voce a quella maggioranza di magistrati che quotidianamente svolgono il proprio lavoro con rettitudine, lontani da quell’arrogante e odioso esercizio del potere posto in essere da alcuni dei loro rappresentanti.

Sulla evidente incostituzionalità del sorteggio ci siamo già espresse ed esprimiamo inoltre contrarietà per ogni sistema che non consenta l’inserimento di misure di riequilibrio paritarie di genere. Ancora una volta le istanze per l’introduzione di meccanismi efficaci volti ad una reale parità di genere all’interno del C.S.M., tenendo conto che la Magistratura è composta oggi per il 53,8% da donne, sembrano destinate ad andare deluse poiché nella previsione di un meccanismo elettorale a doppio turno – come quello verso cui sembra essere orientato il legislatore, secondo le recenti notizie di stampa – non risulta la previsione della doppia preferenza di genere obbligatoria anche nel secondo turno elettorale, quello decisivo per la designazione degli eletti.

E’, invece, necessario affrontare la questione di genere senza infingimenti mediante l’introduzione di norme che garantiscano la presenza di almeno un 40% di rappresentanza delle donne nell’Organo di Autogoverno per tre consiliature.

Né risulta che in proposito sia stato avviato un serio dibattito di approfondimento su questo tema, anche mediante la consultazione della nostra Associazione. Come A.D.M.I. ci rivolgiamo nuovamente oggi a Lei, sig. Presidente, anche in ragione delle Sue prerogative istituzionali di Presidente del C.S.M., per chiederLe di vigilare affinchè non sia adottato, ancora una volta, un sistema elettorale del C.S.M. “contro” la Magistratura e non “per” la Magistratura, e non sia sacrificata, ancora una volta, la legittima aspettativa che nei luoghi decisionali dell’Autogoverno venga attuata quella democrazia, parimenti partecipata da donne e uomini.

Associazione Donne Magistrate Italiane La Presidente Carla Marina Lendaro

Roma, 30 maggio 2020

Lettera dell’ Associazione Donne Magistrate Italiane

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