“Lo stupro di Lucrezia” di Valter Malosti alle Fonderie Limone

Il Comitato Se Non Ora Quando di Torino sarà presente alle Fonderie Limone dove stasera, 20 novembre, alle 19.30, debutta in prima nazionale uno spettacolo di Valter Malosti “Lo stupro di Lucrezia” che sarà replicato fino al 2 dicembre. (Date e orari dello spettacolo sul sito del Teatro Stabile di Torino www.teatrostabiletorino.it/?projects=lo-stupro-di-lucrezia) È un adattamento teatrale dello stesso Malosti dell’opera di William Shakespeare, la storia di Lucrezia che, dopo essere stata stuprata da Tarquinio, si suicida. In Shakespeare la voce della donna si dilata e diviene uno dei più alti esempi di  meditazione sulle conseguenze dello stupro visto dalla parte di una donna, attraverso una serie di lamentazioni, introspezioni, allegorie, invettive contro il Tempo, la Notte, l’Occasione.

Se Non Ora Quando, che ha organizzato a Torino dal 4 al il 14 ottobre scorso una serie di eventi contro la violenza alle donne e ha lanciato il grande appello, “Mai più complici”, ritiene utile che continui un’azione di sensibilizzazione. Per questo Se Non Ora Quando Comitato di Torino sarà presente alle Limone Fonderie in occasione di ogni replica dello spettacolo “Lo stupro di Lucrezia” anche per portare i propri contenuti e riflessioni sulle ragioni della violenza di genere, su modelli sociali e culturali stereotipati, sulla qualità della relazione con la donna e con il suo corpo.

Domenica 25 novembre dopo lo spettacolo delle ore 15.30, seguirà un dibattito sulla violenza a cura del Comitato di Torino “Se Non Ora Quando?” con Milena Boccadoro, Cinzia Ballesio e Stefanella Campana.

La violenza, svelando se stessa, svela tutte le discriminazioni contro le donne. Violenza che in Italia ha già fatto oltre cento donne morte per mano di un uomo. Femminicidi, la vergogna di un’intera società, una società che non è in grado di proteggere le sue figlie, le sue bambine, private del loro futuro, dei sogni, dei diritti fondamentali, della vita stessa.

 

Parlare di femminicidio a babbo morto

Lunedì 29 ottobre 2012

Donne di Fatto de Il Fatto Quotidiano

Eva Macali

Ieri mattina mentre sfogliavo i giornali mangiando la nutella con le dita mi è caduto l’occhio su un elzeviro di Saverio Raimondo in apertura del Misfatto, l’irrinunciabile supplemento di satira de Il Fatto Quotidiano. Il tema era il femminicidio e per lo stupore sono riuscita addirittura a separarmi dal venerato barattolo. Ma la lettura del pezzo mi ha fatto cadere la mascella: si trattava un attacco frontale al movimento Se Non Ora Quando, accusato di svariate ignobili nefandezze.

Ma com’è possibile? Tu quoque Saverio! Mi sono ripresa il barattolo di nutella e tenendolo bello stretto ho letto che le femministe di Snoq sarebbero nientepopodimeno che delle renziane ante litteram.

Questo è troppo, caro Saverio, prendo l’accusa sul personale. Quindi eccomi qui, da misfattista ante literam, a pulirmi le dita di cioccolato per spiegarti non una, ma forse anche due o tre cose, affinché nel brulicare delle tue sinapsi cerebrali s’insinui il sano dubbio di aver scritto delle sonore cazzate. Vorrei cominciare dal fondo del tuo pezzo, quando dici che Snoq ha “sfruttato il corpo delle donne per ragioni politiche” ma già la noia comincia a travolgermi.

Preferisco annotare che non si capisce dove sia la satira nel tuo ragionamento spiegato. Da satirica a satirico te lo dico tenendo il cuore nella mano con cui prendo la nutella, perché mi aspetterei qualcosa di più di “La madre dei maschilisti è sempre incinta”, che ha quel sapore da Maurizio Costanzo Show che mi rovina la foderatura del palato al gusto gianduia.

Non te lo devo spiegare io che se me lo spieghi non serve a niente. Non chiedo neanche che mi strappi una risata, guarda. Ma a leggere la nota di biasimo per la fantomatica raccolta di “donazioni e sostegni economici” di Se Non Ora Quando mi ritrovo catapultata in un pezzo di Camillo Langone sul Foglio, o nel solito trafiletto senza capo né coda de Gli Altri.

Questa questione dei “fondi rosa”, penso che ti piacerebbe chiamarli così, mi è particolarmente cara. Sono di Genova, un posto dove hanno inventato le banche e il seme delle carte da gioco non lo chiamano “quadri” ma “denari”. Quindi ecco la cruda realtà, che posso raccontare con cognizione di causa facendo parte del comitato promotore nazionale di Se Non Ora Quando. Snoq vive di volontariato e anime buone. Ha un bilancio che definire modesto significa fare alta diplomazia. Per finanziarci siamo diventate talmente esperte nella vendita di magliette, spille e shopper di tela che Wanna Marchi ogni mese ci manda i complimenti vergati a mano. Io stessa ho l’armadio pieno di magliette Snoq di tutte le taglie e colori. Non sono ai livelli della moglie di Fantozzi con i filoncini di pane ma poco ci manca. Le donazioni le vediamo giusto con il microscopio elettronico e non si sa se la nostra tesoriera è della scuola Lusi o cosa, ma spariscono subito per pagare qualche creditore.

Veniamo alla parte più seria di questo post. È la realtà dei fatti e tutto fa tranne ridere. Se oggi si parla tanto di femminicidio è perché il 27 aprile di quest’anno Snoq ha scritto e lanciato un appello chiamato Mai Piu Complici, volto a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla violenza contro le donne. L’appello, come forse ti è sfuggito, è rimbalzato ben oltre le pagine rosa antico del sito Se Non Ora Quando: in tv, su quotidiani e periodici. Insieme a Giulia, Snoq esercita pressione sul mondo giornalistico affinché la lettura dei fatti avvenga in maniera appropriata. Numerosissimi sono i contributi dai lavoratori della conoscenza su questo tema, eccone qui uno, e un altro, soltanto a titolo di esempio. L’appello, che ha 50mila firmatari e più, ha generato alcune irruzioni surreali nella grigia realtà, quando la Figc ha aderito dichiarando ufficialmente che “La violenza sulle donne è un problema degli uomini” e offrendosi di farsi carico del tema del femminicidio in ambito calcistico (c’è anche l’endorsement di Totti, se ti fa piacere). Numerose altre iniziative da parte di uomini amici delle donne si sono susseguite, l’ultima in ordine temporale è questa. Sono stati organizzati due eventi nazionali dedicati al tema della violenza sulle donne, con interventi e punti di vista multiformi e plurali, a Merano e a Torino. Senza contare le numerose iniziative dei comitati territoriali, da Catania, a Verona, a Genova.

Ci sarebbe tanto altro da raccontare, perché il femminicidio è un tema complesso, di natura sostanzialmente culturale e psicologica. Mentre la dignità e l’indignazione innescano nelle persone una call-to-action istintiva, per usare un termine pubblicitario, la violenza subìta o agìta viene spesso rimossa perché appartiene alla sfera intima e familiare. Per intenderci, non è facile denunciare il padre dei tuoi figli con cui condividi il tetto di casa. In Italia, la legge non lo obbliga neanche ad andarsene.

Caro Saverio, la questione è articolata e non si può trattare un tanto al chilo, anche e soprattutto sul piano mediatico e della comunicazione. La differenza, per fartela veramente molto facile, è quella che passa tra farsi un giretto su YouPorn e accettare la complessità dell’erotismo, con tutta la parte sommersa dell’iceberg che si porta dietro. Quando scendi a vedere sott’acqua rischi quasi di spaventarti, ma è quello il lavoro da fare.

Link articolo: www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/29/parlare-di-femminicidio-a-babbo-morto/396810/?fb_action_ids=10151245648182240&fb_action_types=og.recommends&fb_source=aggregation&fb_aggregation_id=288381481237582

Fermiamo la violenza sulle donne – Torino, 4-14 ottobre 2012

di Stefano Vitale

Je te salue, Marie

e saluto tutte le altre novantotto

e presto, cento

sagome grigie della nostra

quotidiana vergogna

mattanza domestica dell’amore malato

gesto di possesso, abisso d’orrore

che schiaccia la vita senza ragione.

Amore perduto, mai davvero fiorito

lungo i muri dei parcheggi sotterranei

delle strade sempre scure

delle stanze credute sicure…

Occhi neri, naso rotto, denti che ballano,

capelli strappati e spilli, coltelli e bocche cucite

che grande è la paura ed anche la sorpresa

di calci, pugni e schiaffi, sigarette ed accendini,

sedie e tavoli, spigoli che urlano e

piangono, piangono, piangono…

Squilla il telefono

sudano le mani ed una pietra

cade pesante sul cuore.

Sino a quando?

Se non ora quando? Dire basta, volare oltre

anche per noi, bambini sciocchi senza futuro,

perché non c’è perdono

per il male fatto, ma solo

il dono dell’oblio e del sorriso delle donne

che da sempre già lo sanno

che il potere è morte e

la vita è altrove.

Ringraziamo Stefano Vitale per la poesia che ha dedicato alla nostra iniziativa e tutte le attrici e gli attori, le lettrici ed i  lettori intervenuti nel corso dei nove giorni di “Letture in piazza: Reading & performance teatrali” a Torino.

Margherita Casalino

Adriana Zamboni

Chiara Pautasso

Diego Garzino

Vincenzo Di Federico

Municipale Teatro e il gruppo Sole in città

Susanna Bruno e Bruna Parodi

Laura Tonatto

Vesna Scepanovic

Barbarakay Cisterna Mai

Ugo Nespolo

Simona Carapella

Patrizia Schneberger

Morena Procopio

Ornella Bonventre

Valter Malosti

Luisa Gavazza

Max Santiglia

Luca Buggio e la Compagnia Saltapasti

Luca Ragagnin

Silvia Mercuriati

Margherita Oggero

Alessandro Perissinotto

Stefano Vitale

Valeria Verri

Cristina Giudice

Flavia Di Bartolo

Federica Cassini

Sara Alessandra Sottile

Gabriele Vacis

Alessandra Montrucchio

Claudia Allasia

Alberto Barbera

Mario Napoli

Francesca Carnevali

Gianluigi Ricuperati

Milena Boccadoro

Simonetta Rho

Silvia Rosa Brusin

Patrizia Varetto

Maria Chiara Voci

Cinzia Ballesio

Laura Onofri

Assunta Confente

Paolo Borgna

Marina Bassani con Lorenzo Bartoli e Roberta Maraini

Giuseppe Culicchia

Gianpaolo Zancan

Chiara Simonetti

Monica Bonetto

I Moderni

La violenza di genere e la politica delle donne

di Antonella Anselmo

Comitato promotore nazionale “SeNonOraQuando?”

 

Si è concluso a Torino il 14 ottobre scorso “Mai più complici”, l’evento conclusivo di una prima fase di analisi, elaborazione e mobilitazione pubblica lanciata da Se non Ora Quando? per riconoscere e contrastare la violenza nei confronti delle donne.

Il punto di partenza di tale percorso, ancora molto lontano dal suo compimento, è stato certamente la manifestazione del 13 febbraio 2011 che ha posto la corporeità delle donne al centro di un incontenibile sentimento pubblico di indignazione: l’offesa alla dignità delle donne ha assunto il significato di offesa alla dignità del Paese, in un contesto di cittadinanza negata.

E, contestualmente, quel rifiuto di una cultura mediatica, stereotipata e irreale, associata ad una politica arrogante, capace di oltraggiare le Istituzioni e la cittadinanza, è convogliato in uno straordinario impegno civico e nella sorprendente volontà di ricostruzione.

Ma questa volta a narrare questo impegno e questa volontà sono state le donne.

Parole e immagini che sono tornate a riempirsi di contenuti simbolici e reali, di valori condivisi ed inclusivi: un  racconto a più voci, arricchito da desideri, bisogni, possibilità di scelta, libertà e diritti.

Il disegno di una società diversa, costruita sulla solidarietà tra generi e generazioni,  in cui convivono differenze, eguaglianze, pari opportunità: in altri termini una piena cittadinanza.

Ma per veder realizzata questa nuova società occorre rimuovere ogni ostacolo.

Diseguaglianze, discriminazioni, privilegi, corruzione, limiti all’accesso e all’esercizio dei diritti umani fondamentali delle donne: la vita, la sicurezza, la salute, il lavoro, il benessere, il diritto alla maternità per poi arrivare fino ai diritti politici ed economici.

E soprattutto capire le ragioni profonde di quella costante negazione di cittadinanza,  in ogni ambito della vita pubblica e privata.

Si è iniziato a Barletta, a Marina di Monasterace e poi a Gerace: lì vi erano le donne lavoratrici sepolte dalle macerie , le donne delle Istituzioni sotto scorta, le testimoni di giustizia “giustiziate” dalla criminalità organizzata, in seno alle loro famiglie.

Simboli eroici e silenziosi di un  impegno quotidiano  nella difesa dei diritti e del diritto: in territori dove le diseguaglianze sono più esasperate, dove non c’è sviluppo economico né libero mercato, dove manca il lavoro sicuro ed equamente retribuito, dove alla violenza entro le mura domestiche, che si nutre in modo impressionante di tali criticità, si aggiunge quella di uno Stato in estrema difficoltà nel garantire protezione, sicurezza, giustizia e democrazia alle proprie cittadine.

Si è compreso un nesso profondissimo tra  le diseguaglianze di genere e la cultura dominante, espressione di una struttura familistica e patriarcale della società, ancora caratterizzata da monopoli maschili, politici ed economici.

Poi, nel 2012, si è continuato a parlare di violenza, in tutta Italia, grazie alla generosità e capacità dei comitati territoriali: nelle piazze, nei teatri, nelle sale, sotto i tendoni. Donne e uomini hanno espresso le proprie emozioni attraverso la poesia, la musica, le immagini, le parole. E poi le impressioni, le proposte, l’ascolto, il dialogo con la politica, l’attenzione della Presidenza della Repubblica.

Piccole e grandi città.

Per citarne solo alcune: Torino a Marzo, Scandiano ad Aprile, Udine a Maggio, Ferrara a Luglio, Fermo ad Agosto, Merano a Settembre e ancora Torino a Ottobre.

Sono stati coinvolti nel dibattito le più alte cariche istituzionali,  i centri antiviolenza – esemplare rete di esperienza e competenza, tutta italiana – il servizio pubblico radiotelevisivo, la magistratura e l’avvocatura e poi gli operatori sanitari, i centri di ascolto degli uomini autori di violenza, le antropologhe, le giornaliste, le economiste, le immigrate, gli psicologi, le insegnanti…

Si è parlato di Convenzioni Internazionali, di cultura ed educazione di genere, di media e pubblicità, di formazione professionale, di prevenzione e protezione, di seconda vittimizzazione, di testimoni della violenza, di sistemi giudiziari, di finanziamenti pubblici, costi sociali ed economici della violenza, di necessaria diffusione della parità e della democrazia paritaria.

Sono stati individuati i nessi tra le discriminazioni che sono all’origine della violenza e la mancanza delle donne nei luoghi decisionali dell’ economia, della politica, dei media e della produzione culturale, anche contemporanea.

E si è compreso che la violenza sulle donne ha spesso  un volto invisibile, multiforme e diffuso, orribile e raccapricciante, che si manifesta per soffocare gli aneliti di libertà.

Ma la violenza, svelando se stessa, svela tutte le discriminazioni.

E dunque il grande appello, “Mai più complici”, ha indicato agli uomini e alle donne le ragioni più profonde della violenza, con il coraggio di toglierle il velo e nominarla.

Finalmente è emersa la brutalità del termine, il femminicidio appunto, che ha risvegliato le coscienze e messo a nudo la vergogna di un’intera società, una società che non è in grado di proteggere le sue figlie, le sue bambine, private del loro futuro, dei sogni, dei diritti fondamentali, della vita stessa.

Anche gli uomini hanno sentito questa vergogna, hanno iniziato una seria analisi sulla propria identità, sulle ragioni della violenza di genere, su modelli sociali e culturali stereotipati, sulla qualità della relazione con la donna e con il suo corpo.

Hanno voluto parlare con le donne.

Oggi, finalmente, anche la politica ha iniziato ad ascoltare la voce delle donne: la firma della Convenzione di Istanbul è un primo passo.

Ma allora è evidente che la violenza di genere non è un affare “femminile” né uno slogan pre-elettorale: è una questione di democrazia negata che si  combatte con trasformazioni culturali e ampiamente condivise, capaci di diffondere l’affermazione della legalità, dei diritti, delle libertà e del reciproco riconoscimento dei generi.

Dunque, più che di leggi, abbiamo bisogno di una politica nuova, fatta da uomini e da donne.

Nell’immediato, si profila allora una duplice emergenza per contrastare la violenza di genere: la ratifica della Convenzione di Istanbul e la democrazia “paritaria” come principio indefettibile di ogni riforma elettorale.

Il resto, ci auguriamo, seguirà grazie alla forza delle donne.

MAIPIUCOMPLICI……le nostre riflessioni

C’è voluta una settimana per smaltire la stanchezza di mesi di lavoro e l’eccitazione di due giorni, pieni, appassionanti e densi di significati, contenuti e stimoli!

Prima di tutto grazie alle donne del Comitato di Torino, per il lavoro che da quasi cinque mesi abbiamo portato avanti; ognuna di noi ha contribuito al successo di questa iniziativa con la sua disponibilità, le sue competenze, il suo tempo a disposizione molto spesso sottratto al lavoro, ai rapporti personali, al già poco tempo libero; e a Cristina Comencini per la grande generosità che ancora una volta ha dimostrato, riuscendo a finire questa sceneggiatura nei tempi che ci consentissero di mettere in scena questo suo lavoro, anteponendolo ad altri suoi impegni professionali. Grazie anche alle amiche romane che ci hanno dato una mano in questi mesi. Fra tutte: Lidia Ravera che ci ha regalato un monologo commovente, Fabrizia Giuliani che ha tenuto sempre il collegamento con Torino, Antonella Anselmo per l’ottima relazione svolta, Cinzia Guido per il raccordo con i comitati, Maddalena Fragnito per il bellissimo logo, e tutte quelle che sono state con noi in queste due giornate, fisicamente o con il cuore.
E’ stato stimolante realizzare insieme un progetto così importante con pochi mezzi a disposizione, ma con entusiasmo e passione, della cui rilevanza abbiamo avuto la consapevolezza, forse solo domenica sera. Abbiamo trovato nella nostra città una sensibilità incredibile di tante persone che non appena conoscevano il progetto si mettevano a disposizione per trovare risorse, per offrire competenze professionali. Le istituzioni, le molte associazioni intervenute, gli attori, la regista, la danzatrice e i tecnici che hanno lavorato senza alcun compenso, i tantissimi lettori e lettrici delle “Letture in piazza”, i relatori e i facilitatori, tutti  hanno creato una sinergia assolutamente non scontata e di cui li vogliamo ringraziare pubblicamente.
I numeri da soli non bastano a certificare un successo, ma possono rendere l’idea di quanto questa iniziativa abbia coinvolto la città e non solo, per oltre due settimane! E allora diamoli…

“Letture  in piazza” dal 4 al 12 in Piazza Castello: circa 30/80 persone ogni giorno

Serata del 13 ottobre: 840 persone allo spettacolo delle ore 21, 350 alla replica delle ore 23 che abbiamo dovuto velocemente organizzare per le tantissime richieste pervenute.

Giornata del 14 ottobre

247 iscrizioni pervenute e accettate alle ore 13 del 13 ottobre

13 iscrizioni registrate la mattina del 14 ottobre

 

229 le iscritte ai tavoli (qualcuna in più di certo arrivata il pomeriggio) suddivise in 15 tavoli dove si sono contate dalle 10/12 pax alle 18/20

15 le facilitatrici

 

Comitati e associazioni provenienti da Torino, Chivasso (To), Chieri (To), Torre Pellice (To), Cuneo, Savigliano (CN), Asti, Alessandria, Vercelli, Val di Susa, Valle d’Aosta, Cividale del Friuli, Lodi, Venezia, Trento, Verona, Genova , Sassari, Sapri


Il calore, l’atmosfera, la partecipazione, la condivisione, quelle non si possono quantificare, ma sono state per tutte l’appagante ricompensa per la fatica profusa, così come i tanti messaggi di ringraziamento e di complimenti arrivati.
C’è stato anche un momento di  tensione e di contestazione alla Ministra Fornero, intervenuta domenica, ma su quello non vogliamo ritornare: ci interessa parlare dei contenuti dell’iniziativa.

Vogliamo invece assicurare che pubblicheremo sul sito i materiali che ci perverranno dai relatori (qualcuno è già stato pubblicato) e il lavoro che, nelle prossime settimane, completeremo con i facilitatori dei tavoli di lavoro.

Un ultimo ringraziamento sentito a tutte le persone che  sono intervenute nella due giorni, mettendosi in coda pazientemente e comprendendo che qualche pecca nell’organizzazione è stata causata soprattutto dal nostro desiderio di accontentare il maggior numero possibile di richieste di partecipazione.

La grande soddisfazione per la riuscita dell’iniziativa è stata solo in parte venata dall’amarezza nel constatare che ancora i rapporti tra le donne siano, a volte, improntati alla scarsa schiettezza e non ad un franco e leale scambio di idee. Si possono muovere critiche, si possono avanzare dubbi sull’opportunità o meno di certe scelte, ma sicuramente quello che non deve venir meno è la correttezza e il rispetto per chi ha lavorato tanto per un’iniziativa che speriamo aggiunga un piccolo tassello sul tema della violenza.

 

“SE NON ORA QUANDO?” COMITATO DI TORINO