Sulla violenza, chiediamo giustizia

Femministerie 23 novembre 2019 Cecilia D’Elia

Le  pagine romane de La Repubblica oggi aprono con un titolo che mi ha fatto sobbalzare: “La città delle donne, vittime”. Non perché non conosca i dati forniti dalla procura sul numero di denunce, omicidi, stupri.  Sappiamo che nel nostro paese ancora fatichiamo ad avere una fotografia veritiera di un fenomeno stabile delle nostre società (occidentali e non) come quello della violenza maschile contro le donne, di cui solo la punta dell’iceberg arriva alla denuncia o alle cronache dei giornali.

Capisco la provocazione del titolo, ma sobbalzo comunque, perché non ci sto ad una fotografia che ci consegna solo al ruolo di vittime. E non solo perché tante donne “ribelli” hanno attraversato e attraversano le strade della capitale.

E’ vero, è in corso una vera e propria guerriglia contro la nostra libertà, siamo il paese in cui diminuiscono gli omicidi mentre rimane stabile quello dei femminicidi.  Ma se siamo qui a raccontarlo è perché lo abbiamo denunciato e nominato questo fenomeno – che va dalle relazioni intime a quelle di lavoro – e ci siamo sottratte al dominio maschile. La violenza viene chiamata così, riconosciuta come tale perché abbiamo messo in crisi il patriarcato e prodotto cambiamento.

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Maschi smettiamola di tacere sulla violenza contro le donne di Paolo di Paolo

 Paolo di Paolo  letto  da Serena Dandini a #Inquantodonna

Un uomo violento rappresenta sé stesso e nessun altro. La sua violenza, invece, riguarda anche me. Scrivo queste parole con disagio, con imbarazzo, con vergogna. Ma non sposteremo avanti di un millimetro il discorso pubblico, se non saranno anche gli uomini a parlare – a parlare apertamente, responsabilmente – delle violenze che le donne subiscono. Trovare sui giornali, in rete, decaloghi rivolti alle ragazze sul “come difendersi” è penoso. È necessario sì, ma direi che soprattutto è penoso. L’idea stessa che una donna debba essere allenata a difendersi dalle attenzioni, dalle pressioni psicologiche, dal desiderio sessuale, dalle mani di un uomo, è penosa. Ma se questo è vero, se – in Italia, nel 2017 – è necessario, io non posso fingere che non mi riguardi.

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Boldrini: «La politica ascolti le donne. Serve un piano straordinario»

Corriere della sera   26 novembre 2017   –  Virginia Piccolillo

La presidente della Camera dopo la giornata alla Camera con 1300 donne. «Spiace che l’evento non abbia sollevato l’attenzione di un solo uomo politico»

Milletrecento donne accolte alla Camera. Mogli massacrate, madri di ragazze uccise, schiave gettate sulla strada, adolescenti perseguitate, che hanno preso la parola, con coraggio, in un’aula attenta, indignata, commossa, per spiegare cosa si può fare per fermare la violenza. Presidente Laura Boldrini, e adesso?

«Adesso tutti siamo chiamati a dare risposte. Credo che l’iniziativa forse non sia stata colta nella sua importanza dagli esponenti politici, tranne rare eccezioni. Invitare in aula le donne a parlare di violenza, con la loro forza e la loro determinazione, non è mai accaduto nel nostro Paese e credo nemmeno altrove».

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INTERVENTO DI LAURA BOLDRINI A #INQUANTODONNA

“È davvero bellissimo, è bellissimo vedere un’Aula così, per me è una grandissima emozione. È bello che siamo tantissime oggi qui in quest’Aula.

Vorrei partire proprio da qui, da questo numero, perché siamo qui ma altre sono anche in altre sale di Montecitorio. Vorrei partire proprio da questa presenza numerosa. Io vi ringrazio sentitamente, ringrazio tutte, tutte voi che siete qui.

Ringrazio anche la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi, per essere qui. Grazie, Maria Elena.

Fin dai primi incontri che abbiamo fatto per la preparazione di questo evento, che come sapete bene è in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, abbiamo capito che ci sarebbe stato il problema di accogliere tutte le richieste che stavano giungendo, tantissime richieste da tutta Italia. E’ veramente una cosa inaspettata. E per questo io ringrazio, perché è il lavoro di tutti e di tutte.

Ringrazio i centri antiviolenza, ringrazio i sindacati, ringrazio tutte le associazioni, nessuna esclusa, che hanno creduto nell’importanza di questa iniziativa e hanno collaborato con noi. Tutte volevano essere in Aula, ma se non c’è spazio per tutte come si fa? Bisogna collaborare. E dunque ringrazio le donne che hanno deciso di dare spazio ad altre donne perché questa è la chiave: sapere fare un passo indietro per altre donne. Ed è quello che oggi noi abbiamo fatto. Care amiche, noi abbiamo superato le 1400 adesioni! Non era mai accaduto che la Camera ospitasse un evento di tale portata, mai nella storia della Repubblica!

Certo, i detrattori ci sono sempre, dicono “E’ un’iniziativa simbolica”. Certo, è vero, è un’iniziativa simbolica: ma è l’iniziativa con il più forte significato simbolico che si potesse organizzare per un avvenimento come questo. Non ce n’è un’altra, è la più forte e l’abbiamo voluta.

Una presenza così imponente, qui a Montecitorio, ha un senso che non può sfuggire a nessuno: le donne italiane hanno bisogno di attenzione. Le donne italiane hanno bisogno di ascolto. Per raccontare la violenza subita, certo, ma anche per raccontare le storie di riscatto. Per mostrare la loro forza, perché ci vuole coraggio e voi il coraggio ce l’avete e siete qui oggi per dirlo al Paese! E allora mettiamo a fuoco di che cosa stiamo parlando – magari chi ci segue da casa non lo sa pienamente, mettiamolo a fuoco: la metà delle donne che vengono uccise sul pianeta sono uccise per femminicidio. Sono uccise, cioè, in quanto donne e per mano di chi dovrebbe amarle. La metà delle donne. Ma voi vi rendete conto di che cosa stiamo parlando? Che cosa succede in Italia? In Italia ne viene uccisa una ogni due giorni e mezzo. Lo dice l’Istat. Ed è un dato spaventoso, assolutamente spaventoso. Ogni due giorni e mezzo una nostra concittadina viene uccisa per mano di chi dovrebbe amarla. Ma sbaglia chi pensa che la violenza sia una questione che riguarda esclusivamente le donne. No, no, no, riguarda il Paese e sfregia tutta la nostra comunità. Questo fa la violenza: non è una questione di donne, è una questione che riguarda tutto il Paese.

Quindi, se su questo tema vogliamo fare sul serio, non può esserci solo la risposta delle vittime o delle altre donne, come in gran parte invece avviene ora: sono quasi sempre le donne a mobilitarsi, a reagire, a ribellarsi. Sempre e solo loro.

Del resto, purtroppo, anche quando si parla della necessità di rilanciare l’occupazione femminile, di cui l’Italia è fanalino di coda in Europa, ebbene, si sente ripetere che è «roba da donne». E anche quando si affronta un problema legato alle storture del nostro welfare si sente commentare che «è roba da donne…».

No, non è solo «roba da donne». È roba di tutti, che riguarda il presente e il futuro del nostro Paese.

È come se, di fronte a un atto di antisemitismo, fossero solo le comunità ebraiche a sentirsi chiamate in causa e a condannarlo, anziché l’intera società.

O come se, di fronte a un atto di razzismo, reagissero soltanto quelli che ne vengono colpiti direttamente e non tutti gli altri. Ma vi rendete conto dell’incongruenza di tutto questo?

Perché gli uomini che invece vogliono bene alle donne – e ce ne sono tanti – e le rispettano rimangono a guardare? Perché?

Non vi sembra anche questa un’incoerenza, che la gran parte degli uomini non si senta coinvolta in questa battaglia, gli uomini che rifiutano la violenza? Non dovrebbero essere con noi?

Spiace dirlo, specialmente in questa Aula, ma a questo silenzio, a questa incoerenza, non sfugge nemmeno il mondo politico e istituzionale, con qualche positiva eccezione.

Colgo l’occasione per dire un «grazie» sincero al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha definito la violenza contro le donne con parole fermissime: «una ferita a tutta la società». E il Presidente ci farà l’onore, nel pomeriggio, di ricevere una nostra delegazione al Quirinale. Grazie, Presidente Mattarella, per stare accanto a noi. Leggi il resto »