Corriere della sera La 27 ora 5 agosto 2019 – Irene Soave
«Ci ho messo quasi mezz’ora, entrata in ufficio, a sentire che potevo sedermi su quella poltrona: quella da direttore della Nazione. L’ho guardata un po’ dal divano, poi dalle due sedie di fronte, quelle dove per molto più tempo mi sono seduta mentre il direttore guardava le pagine che gli portavo. Ho spostato cose, fatto telefonate in piedi. Poi mi sono seduta». È un sentimento femminile, racconta la neo-direttrice Agnese Pini, classe 1985, prima direttrice donna in 160 anni di storia del quotidiano nato a Firenze: «l’idea di chiedersi se ce la faremo, la previdenza, l’idea che con una cosa bella ti arrivano responsabilità, che devi esserne all’altezza. Siamo più pratiche, sappiamo che un ruolo non è una medaglia vuota. Lo devi riempire. I maschi sono più…» Arroganti? «Abituati».
Sei anche molto giovane (tra giornalisti vige l’uso di darsi del tu, ndr).
«Sì, e di una generazione, i nati negli anni ‘80, a cui è stato ripetuto sempre come un mantra che non ci saremmo mai collocati. Che la pacchia era finita, che non avremmo mai trovato lavoro. Il risultato è che abbiamo ottimi lavori. Ci siamo dati da fare, siamo concreti, non sbruffoni, sappiamo cento lingue, ci siamo laureati in tempo, non abbiamo rifiutato incarichi nemmeno umili. Nel 2009 mi sono iscritta a una scuola di giornalismo, la Walter Tobagi, di Milano: avevo 29 compagni come me, e tutti pensavamo, in fondo, di stare compiendo anche un azzardo a puntare tanto su un lavoro che sembrava così irraggiungibile. Oggi penso a quei mesi, ai sacrifici e alla tigna che abbiamo avuto da praticanti e poi da stagisti; alle occasioni avute e penso tutte colte; ai successi che poi sono arrivati. E sono fiera di noi, sono fiera della mia generazione».