Tutta mia la città

in.Genere     28 giugno 2017   – Claudia Bruno

Dai grandi centri alle periferie, la mappatura dei tessuti urbani riparte dai quartieri per capire come le donne vivono gli spazi. Ne parliamo con Keti Lelo di Mapparoma ed Eleonora Gargiulo di Freeda

 

Tempo fa, in un’intervista, la sociologa urbana Francesca Zajczyk lanciava su inGenere un appello: istituire nelle amministrazioni locali la figura del gender city manager per progettare territori più inclusivi. Una figura che già esiste in città come Vienna e Stoccolma, all’avanguardia nel settore della pianificazione urbana. Adesso, mentre Torino si impegna a fare fare da apripista in Italia, nascono e si evolvono nuovi progetti e strumenti per ripensare le città tenendo conto dell’esperienza che le donne hanno degli spazi.

La tendenza sembra quella di ripartire dai quartieri, unità a più stretto contatto con le vite delle persone. È quello che prova a fare la piattaforma open source Mapparoma, che con l’aiuto di software statistici e di analisi territoriale (GIS) ha iniziato a mappare le zone urbanistiche che nella capitale rispecchiano con maggiore veridicità le variazioni territoriali. “Nella città queste zone corrispondono ai quartieri” ci spiega Keti Lelo, geografa e docente di economia urbana all’Università Roma Tre, tra i ricercatori che hanno dato vita al progetto.  Leggi il resto »

Occhi aperti sul genere La ricerca che funziona

In.genere   2 febbraio 2017     –   Barbara De Micheli

Gli ultimi dati di Horizon 2020 lo confermano, un approccio di genere fa bene a ricerca e innovazione

Ci sono buone notizie per la promozione della parità di genere nella ricerca scientifica in Europa. Secondo l’ultimo rapporto di monitoraggio di Horizon 2020 (H2020), il più importante programma europeo di finanziamento dell’innovazione e della ricerca, il 36,2% dei progetti finanziati negli anni 2014 e 2015 ha preso in considerazione la dimensione di genere nella definizione del percorso di ricerca e innovazione.

Può sembrare un dato non ancora soddisfacente ma è importante sottolineare che nella versione precedente del programma, l’FP7, i progetti attenti alla dimensione di genere sin dalla definizione del costrutto di ricerca erano solo il 2%.

Relativamente buoni anche i dati riferiti agli altri indicatori di genere, come mostra la tabella contenuta nel rapporto relativo ai primi due anni di implementazione del programma: il 35,8% del totale dei partecipanti – ricercatori e non ricercatori – è costituito da donne; le donne che coordinano progetti sono il 34,6% del totale, il 31,1% degli esperti registrati nel database del programma sono donne, il 36,7% degli esperti coinvolti nei progetti selezionati è costituito da donne mentre le donne raggiungono il 51,9% nei comitati di esperti che rappresentano un elemento a garanzia dell’eccellenza e della qualità della ricerca dei vari progetti.

Si tratta di risultati interessanti, soprattutto per il trend positivo che mettono in evidenza, frutto di una strategia precisa, che ha delineato un approccio di sistema alla promozione delle pari opportunità di genere nella ricerca, partito dalla definizione di obiettivi chiari e dal monitoraggio costante del loro raggiungimento, e difeso con determinazione dalle associazioni che si occupano di donne e STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) in Europa. Leggi il resto »