Gioventù diversa

La Repubblica 24 aprile 2014 – GIUSEPPE VIDETTI

Storia di Davide, il figlio femmina odiato dal padre

È nato per passione, è stato un cammino di passione. Un film dentro un film dentro un altro film, quello vero finalmente, che a metà maggio sarà presentato alla “Semaine de la Critique” del Festival di Cannes. Più buio di mezzanotte , opera prima del catanese Sebastiano Riso, ha conquistato Charles Tesson, direttore artistico della rassegna francese. I film che invece gli spettatori non vedranno mai, sono quelli che Riso e gli altri due sceneggiatori, Stefano Grasso e Andrea Cedrola, stretti in un’espugnabile complicità, hanno vissuto sulla propria pelle in Italia. Leggi il resto »

“Avere due padri” di Michele Serra

da La Repubblica 8 ottobre 2013

La cultura. Melania Mazzucco e la ragazzina che aveva due papà.

Nel suo nuovo romanzo “Sei come sei”, Melania Mazzucco racconta di una coppia omosessuale e della loro figlia, nata da un utero in affitto e in lotta per difendere la sua condizione.

STORIA DI EVA E DEL SUO CORAGGIO DI FRONTE AI PREGIUDIZI.

La forza del racconto – quando il racconto è forte – è che la vita delle persone assume un rilievo irriducibile. Non c`è disputa ideologica o conflitto culturale, per quanto impetuosi, che possano dirottare la trama, imbrigliare i fatti. La vita è più forte delle opinioni che, su di essa, possiamo farci: le precede, le spariglia, infine le sconfigge. Leggi il resto »

Presentazione “Coppie e famiglie. Non è questione di natura” di Chiara Saraceno

COPPIE E FAMIGLIE. NON È QUESTIONE DI NATURA

di Chiara Saraceno Ed. Feltrinelli

 

Martedì 12 Febbraio 2013 ore 18

presso la Fondazione dell’Avvocatura Torinese Fulvio Croce

Via Santa Maria, 1 Torino

 

Saluti di:

Marco D’Arrigo, Presidente Fondazione dell’Avvocatura Torinese “Fulvio Croce”

Intervengono oltre all’autrice:

Stefanella Campana, giornalista

Assunta Confente, Consigliera Ordine degli Avvocati di Torino

Laura Onofri, Referente Se Non Ora Quando – Comitato di Torino

Famiglia e coppia sono tra le istituzioni sociali più oggetto di regolazione che ci siano. È la società che di volta in volta definisce quali dei rapporti di coppia e generazione sono “legittimi” e riconosciuti come famiglia, e quindi hanno rilevanza sociale e giuridica, e quali invece non devono avere riconoscimento e sono lasciati nell’informalità, quando non nell’illegittimità. Storicamente e nelle diverse culture queste definizioni sono cambiate, così come sono mutati i soggetti cui è riconosciuto il diritto/dovere di normare che cosa è famiglia e quali sono le obbligazioni e responsabilità connesse ai legami familiari, la distinzione, o viceversa l’assimilazione, tra coppia e famiglia. Le differenze normative e culturali nei modi di intendere e regolare la famiglia, i rapporti di coppia e di generazione oggi sono rilevanti anche all’interno della sola area dei paesi sviluppati, e vengono ulteriormente accentuate dai fenomeni migratori. Su queste differenze si innestano i mutamenti prodotti da un lato dall’invecchiamento della popolazione, dall’altro dall’aumento delle coppie di fatto, dalla richiesta delle coppie omosessuali di vedersi riconosciuti i propri legami di coppia, dalle possibilità offerte dalle tecniche di fecondazione assistita che rompono l’ovvietà del legame biologico tra chi è genitore e chi genera. Sono cambiamenti cui i paesi danno risposte parzialmente diverse e che in Italia cominciano a essere affrontati solo ora.

Coppie gay e adozioni, se la normalità diventa discriminazione

di Michela Marzano, da Repubblica, 6 novembre 2012

Per chi si oppone al disegno di legge sul matrimonio e sull’adozione delle coppie omosessuali, il vero problema è il benessere dei bambini. Sarebbe immorale e pericoloso permettere a due persone dello stesso sesso di adottare un figlio privandolo così della possibilità di avere un padre e una madre – dicono in molti – perché il fatto di non vivere in una “famiglia normale” ne metterebbe in pericolo la crescita. Ma che cosa vuol dire “normale” quando si parla di filiazione e di famiglia? Esiste un unico modo di occuparsi dei bambini oppure questa normalità di cui tanto si parla è solo un modo per discriminare gli omosessuali continuando a trattarli da “anormali”?

In realtà, l’idea di normalità non ha alcun senso quando si parla dell’ educazione dei figli. Esistono solo tanti modi diversi, per i bambini, di imparare a “tenersi su”, come direbbe il pedopsichiatra Winnicott. Ossia tanti modi diversi per capire che si ha diritto di essere quello che si è, indipendentemente dalle aspettative altrui. E che l’ amore che si riceve non ha né sesso né orientamento sessuale. Non è vero che le madri hanno tutte un istinto materno. Esattamente come non è vero che i padri sono tutti, per natura, incapaci di occuparsi dei propri figli. A meno di non restare prigionieri degli stereotipi che, per secoli, hanno codificato non solo la virilità e la femminilità, ma anche la maternità e la paternità. E a non ridurre quindi la famosa nozione di “ordine simbolico” alla caricatura secondo la quale solo chi ha un padre e una madre sarebbe poi capace di capire che, nel mondo, esistono due categorie di persone: gli uomini e le donne.

I gay e le lesbiche che vogliono poter adottare non pretendono affatto di cancellare la differenza dei sessi. Chiedono solo di non essere discriminati in base al proprio orientamento sessuale, ossia al fatto che il proprio desiderio sessuale si rivolge a persone dello stesso sesso. Ma opporsi all’ adozione delle coppie omosessuali in nome dell’ ordine simbolico non vuol dire solo confondere differenza e orientamento sessuale. Significa soprattutto non capire che il problema della filiazione è altrove. E che si pone sempre quando un bimbo arriva all’ interno della famiglia, indipendentemente dal fatto che un bambino cresca accanto a due uomini, a due donne, o ad un uomo ed una donna.

Per crescere, infatti, ogni bimbo ha bisogno di essere accettato nella propria alterità, e quindi di essere riconosciuto come “altro” rispetto ai propri genitori. Proprio perché è unico. E che la propria individualità è legata a quest’ unicità. È solo in questo modo che si ha poi accesso all’ ordine simbolico secondo cui non solo la donna è diversa dall’ uomo, ma ogni persona è diversa da tutte le altre, pur condividendone i diritti e i doveri. Incentrare il dibattito sulla questione dell’ unicità e dell’ individualità, però, costringerebbe ognuno di noi ad interrogarsi sulla propria capacità di tollerare ciò che è diverso. Sapendo benissimo che i bambini, quando crescono, si identificano non solo nei genitori, ma anche in tutti gli altri adulti che contribuiscono alla loro educazione. E che tanti problemi, nella vita, nascono quando non si è stati accettati e riconosciuti per quello che si era. Anche quando si è cresciuti in una famiglia “normale”, con un papà e una mamma.