SeNonOraQuando? scrive alla ministra Giannini

Il movimento evidenzia il ruolo della scuola pubblica per educare a relazioni rispettose dell’eguaglianza tra i generi.

L’emergenza femminicidi di questi ultimi giorni per l’ennesima volta induce Se non ora quando ad interrogarsi sulle misure da mettere in campo per contrastare la violenza di genere, partendo dalla valutazione di quelle finora approntate. Già nell’immediatezza della normativa varata nel 2013, il movimento si disse critico sull’approccio securitario dato al fenomeno e sull’emergenzialità degli strumenti varati contro il femminicidio.
A distanza di quasi tre anni Se non ora quando sollecita nuovamente le istituzioni ad affrontare il fenomeno sociale della violenza sessuata in maniera più sistemica. Non solo misure per debellarla dal punto di vista punitivo, a reati già avvenuti, ma adeguato sostegno ed accompagnamento delle donne nel cammino di consapevolezza verso la denuncia dell’abusante. E, soprattutto, un più stringente intervento della scuola, come agenzia educativa pubblica, per rompere gli stereotipi riguardanti il ruolo sociale, la rappresentazione ed il significato dell’essere donne ed uomini.
E’ più che necessaria un’azione preventiva, a carattere formativo, per arginare una cultura che denega alla donna la facoltà di decidere della propria vita. Insegnare alle giovani generazioni come abbattere gli stereotipi di genere, che vogliono la donna subordinata all’uomo, e nel contempo istruire gli adolescenti a superare il senso di potere sulle coetanee, conseguente allo stato di abbandono, è un imperativo categorico per educare a relazioni rispettose dell’eguaglianza tra i generi. Diventa, quindi, fondamentale il ruolo della scuola pubblica per riscrivere codici comportamentali innovativi, capaci di ingenerare una nuova cultura delle relazione tra donne ed uomini. Leggi il resto »

Se non ora quando? scrive alla ministra Giannini

Il movimento evidenzia il ruolo della scuola pubblica per educare a relazioni rispettose dell’eguaglianza tra i generi.

L’emergenza femminicidi di questi ultimi giorni per l’ennesima volta induce Se non ora quando ad interrogarsi sulle misure da mettere in campo per contrastare la violenza di genere, partendo dalla valutazione di quelle finora approntate. Già nell’immediatezza della normativa varata nel 2013, il movimento si disse critico sull’approccio securitario dato al fenomeno e sull’emergenzialità degli strumenti varati contro il femminicidio.
A distanza di quasi tre anni Se non ora quando sollecita nuovamente le istituzioni ad affrontare il fenomeno sociale della violenza sessuata in maniera più sistemica. Non solo misure per debellarla dal punto di vista punitivo, a reati già avvenuti, ma adeguato sostegno ed accompagnamento delle donne nel cammino di consapevolezza verso la denuncia dell’abusante. E, soprattutto, un più stringente intervento della scuola, come agenzia educativa pubblica, per rompere gli stereotipi riguardanti il ruolo sociale, la rappresentazione ed il significato dell’essere donne ed uomini. Leggi il resto »

Violenza contro le donne, una cultura con radici precise

Donna moderna  31 maggio 2016  – Michela Murgia

L’omicidio di Sara Di Pietrantonio, bruciata dall’ex fidanzato, è solo l’ultimo dei tanti femminicidi che si registrano nel nostro Paese. Perché la cultura della violenza contro le donne ha ragioni precise. Quelle spiegate sotto

Non mi interessa che venga dato l’ergastolo all’uomo che ha ucciso Sara di Pietrantonio. Molto più importante sarebbe capire perché di uomini come quello in Italia ce ne siano migliaia e picchino, violentino o uccidano altrettante donne ogni anno.

Non occorre cercare tanto: lo sappiamo da anni che le cause sono culturali. Vincenzo Paduan non è un folle, ma è il frutto del processo sociale, di una cultura, che costruisce e alimenta in tutti e in tutte noi l’idea che una donna sia una cosa (“sei mia/sono sua”) o una funzione (“la moglie/fidanzata/figlia/sorella/madre”), ma mai una persona dotata di autonomia.

Quella cultura è fatta di tante cose. La prima è il rifiuto di molti ad accettare che il maschilismo esista e faccia ogni anno decine di morti. Negare che esista è un modo per continuare a pensare che quelle morti sono tutti raptus, tutti gesti inconsulti, tutte eccezioni.

Poi c’è la resistenza ai programmi scolastici di educazione contro gli stereotipi di genere: a dire uomo, donna, amore e addio si impara, ma in Europa i soli paesi che non lo insegnano sono l’Italia e la Grecia.

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Nessuno ha il diritto di chiamarsi amore

Nessuno ha il diritto di chiamarsi amore (robin) – NADIA GIANNONI

Venerdì 15 aprile 2016 – ore 21
sala Grande Circolo dei Lettori – via Bogino 9 Torino

con Marco Bonfiglioli, Capo dell’Ufficio Detenuti e Trattamento Provveditorato Regionale del Piemonte e Valle D’Aosta,
Monica C.Gallo garante delle persone private della libertà – Comune di Torino
Laura Onofri, consigliera Comune di Torino

Il femminicidio esce dalle pagine del romanzo attraverso una lunga riflessione e un intreccio di vite, dati, fatti, controversie e personaggi capaci di guidare il lettore in un ampia riflessione sul tema.
in collaborazione con Uffici Garante delle persone private della libertà – Comune di Torino
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Orfani dopo il femminicidio: le vittime di cui nessuno parla

La Stampa 23 febbraio 2016  – Grazia Longo

Sono 1628 dal 2000 a oggi. E ora c’è chi propone per loro aiuti e tutele

Perdono nello stesso momento la madre e il padre. La prima, protagonista dell’ennesimo caso di femminicidio. L’altro, autore del delitto, paga con il carcere o il suicidio. Mentre per loro, gli orfani di questa strage che nel nostro Paese miete più vittime della mafia, inizia una seconda vita nell’ ombra  e tutta in salita.

Se ne parla poco, ma sono 1628, dal 2000 ad oggi, i figli di queste faide familiari costretti a fare i conti con il peso di un dolore che rischia di schiacciarli per sempre, oltre alle difficoltà a trovare una nuova famiglia e un sostegno da parte delle istituzioni, sia da un punto di vista economico che socio-assistenziale. L’allarme arriva dal presidente dello sportello Sos Stalking,  Lorenzo Puglisi: «Quando le “vittime secondarie” del femminicidio sono minorenni devono spesso affrontare problemi come le lungaggini burocratiche di case famiglie e di adozioni. Da maggiorenni, quando va bene, possono avere problemi di carattere psicologico ed economico, mentre se va male rischiano di finire nel mondo dello spaccio o della prostituzione».
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