Questo post è di Lorenzo Tosa. Lo pubblichiamo perchè raramente si incontra un uomo che scrive questa sensibilità ed empatia. Grazie!
Era appena rientrata alle 4 del mattino dall’ennesimo turno massacrante in ristorante. Ha parcheggiato l’auto in strada, aperto il cancello del cortile e, di fronte, si è trovata lui, il marito. E due coltellate al petto che le sono state fatali.
Se n’è andata così, a 36 anni, Zinaida, caduta stanotte sotto i colpi di una tragedia che abbiamo visto, letto e ricostruito decine, centinaia di volte, sempre identica: un uomo, un coltello, l’abisso del possesso, l’ineluttabilità di un destino che qualcuno ha scritto per te e da cui nessuno ti ha protetto. Non le è bastato neppure rifugiarsi da qualche giorno a casa della sorella a Cologno al Serio (provincia di Bergamo), insieme ai tre figli, per fuggire a discussioni che erano diventate sempre più violente e definitive.
Ma non leggerete questa storia in nessun post indignato, non la ascolterete in nessuna diretta Facebook. Perché Zinaida è d’origine moldava e il suo assassino italiano. Perché questa storia non porta voti, ma solo un dolore infinito.
Zinaida è l’ennesima vittima di una strage silenziosa che ci rifiutiamo di vedere, capire, riconoscere.
Zinaida è vittima di una società che finge di difendere le donne solo se sono italiane e il suo aguzzino straniero, meglio se migrante e clandestino. Di uno Stato che considera i diritti e la sicurezza delle donne un tema marginale e non è mai stato in grado di fare una grande e seria legge sul femminicidio.
Zinaida è qualunque donna, ovunque, in qualsiasi momento. E noi le stiamo lasciando sole. Scusateci.