Violenza domestica. Dieci cose che possono fare le imprese

inGenere 21 novembre 2019 Barbara Leda Kenny

Ci sono almeno dieci cose che imprese e organizzazioni possono fare per contrastare la violenza domestica, e rendere i luoghi di lavoro degli spazi inclusivi e sicuri per le donne

Carenza di attenzione, giorni di assenza dovuti a permessi “per malattia” in realtà legati alle percosse, ritardi, scenate violente di uomini che vogliono minare la posizione lavorativa delle loro compagne o di ex che tentano di intercettarle: la violenza domestica ha un impatto negativo sul lavoro delle donne. Un ambiente di lavoro che non è in grado di leggere quello che sta succedendo e di sostenerle rischia di diventare un fattore aggravante, legittimando la violenza e indebolendo ulteriormente le donne che ne sono vittime. È un dovere delle organizzazioni costruire uno spazio sicuro per le donne, e non legittimare l’uso della violenza per ottenere potere e controllo né dentro né fuori dagli uffici. 

Nessuno si aspetta che datori di lavoro e manager diventino esperti o esperte di violenza, possono però assicurarsi che organizzazioni e imprese dispongano di politiche e procedure per sostenere le donne vittime di violenza domestica, per esempio rendendo sicura la loro entrata e la loro uscita dai luoghi lavoro, facilitando l’uso dei congedi per la fuoriuscita dalla violenza, avendo la prontezza di interpellare al momento giusto i servizi contro la violenza.

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Le imprese che discriminano sopravvivono di meno

in.genere   2 ottobre 2017     – Andrea Weber, Christine Zulehner Maria Cristina Rossi

Le aziende che preferiscono assumere uomini hanno meno successo e sopravvivono meno, i risultati di una ricerca condotta sulle start-up austriache spiega perché

Un recente articolo pubblicato dal Journal of the European Economic Association mostra lucidamente come il processo concorrenziale possa aiutare a ridurre il grado di discriminazione e, di conseguenza, ad assumere più donne[1].

Una delle fonti di discriminazione risiede nei pregiudizi personali, come affermato dal premio Nobel Becker nel 1957. Le discriminazioni di genere ne sono un esempio, e hanno conseguenze ben note come il gap salariale e la presenza debole delle donne nel mercato del lavoro, specialmente a livelli alti.

Ci sono conseguenze nel perpetuare discriminazioni nelle politiche di assunzione o promozione discriminatorie? L’articolo mostra come il mercato sia un buon giudice in questo senso. Le imprese le cui decisioni sono guidate dai pregiudizi e perpetuano discriminazioni di genere, seppure (talvolta) inconsci, compiono scelte di fatto sub-ottimali rispetto a quelle potenziali, in quanto sottostimano la produttività femminile rispetto a quella maschile in modo non oggettivo. Come provarlo? Le imprese che discriminano sopravvivono di meno. La ricerca guarda alla durata media di un’impresa e al tasso di sopravvivenza collegandolo con le politiche di assunzione di donne.

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Tutte le imprese delle donne

In.genere 22 luglio 2014 – Simona Costagli

Sono di piccole dimensioni e concentrate nel settore dei servizi, anche se negli ultimi tempi le aziende guidate da imprenditrici sono un po’ aumentate in settori più maschili. Ma il turnover è elevato e aumentano solo quelle avviate da straniere. Tutti i dati e le caratteristiche delle attività in proprio delle donne, che spesso sono l’unica alternativa a un mercato del lavoro da tempo asfittico e che le penalizza Leggi il resto »

L’Italia salvata da donne e migranti

da rassegna.it

Nel Rapporto sulla situazione sociale del Censis, l’imprenditoria femminile e quella straniera resistono alla crisi. Il 23,6% del totale delle imprese in mano ad una donna, sempre più immigrati si assumono il rischio di aprire nuove aziende

“Capacita’ di resistenza e adattamento difensivo, ma anche di innovazione, rilancio e cambiamento, sono i tratti essenziali delle strategie messe in atto dalle donne nel mondo produttivo”. Cosi’ il Censis nel 47° Rapporto sulla situazione sociale del Paese/2013. Leggi il resto »