#Envision 2030
Una campagna straordinaria della HMKM …..abbiamo tutto da imparare!
Lettera Donna – ELLE 21 novembre 2017 Cristina Obber
A Bergamo sono riuscite a ottenere dall’Ordine il timbro con la dicitura al femminile, grazie all’impegno di Francesca Perani. Le resistenze sono ancora tante, ma vanno combattute. Perché le parole ci dicono chi siamo.
Nell’aprile 2014 la frase «il ministro Madia ha partorito» fece sorridere molti quando ne titolarono i giornali, ma ci fa capire quanto ancora la narrazione del lavoro delle donne risulti paradossale.
Chi resiste al cambiamento in atto nell’uso della grammatica corretta per identificare le professioni al femminile (ministra, ingegnera, avvocata ecc.) adduce spesso motivazioni linguistiche, senza sapere che proprio dalla più antica e prestigiosa istituzione linguistica italiana ci arriva la sollecitazione al cambiamento. È infatti dall’Accademia della Crusca (che raccoglie i maggiori esperti di linguistica e filologia della lingua italiana ed è riconosciuta a livello internazionale) che giungono le sollecitazioni a riflettere sulla declinazione al femminile delle professioni, in linea con le istanze sociali che chiedono linguaggi più rappresentativi e rispettosi delle donne.
Anche le istituzioni stanno rispondendo al cambiamento culturale in atto, nominando le donne nei loro ruoli con correttezza: consigliera, sindaca, assessora, stanno entrando nel linguaggio verbale ma anche nei protocolli, le circolari, i comunicati degli uffici stampa. Nel 2015 in Piemonte, su mozione della consigliera comunale Laura Onofri, si è aperto un percorso che ha coinvolto amministrazione, città metropolitana, Regione e Università e che ha portato alla Carta di intenti Io parlo e non discrimino, rivolta non solo agli enti ma anche alle aziende e ai soggetti privati «che vogliano impegnarsi in questo importante cambiamento formale», si legge nel testo; hanno attuato il linguaggio di genere «negli atti, nella documentazione, nella modulistica e nella comunicazione», in linea con le direttive ministeriali del 2007 del ministero delle Pari opportunità. Leggi il resto »
di Manuela Manera
Dottoressa di Ricerca in Liguistica, Università degli Studi di Torino e componente del Comitato SeNonOraQuando? Torino
La potenza delle parole al femminile : inizia così un articolo di giovedì 9 novembre 2017 sul quotidiano La Stampa, a firma Federico Taddia. È un articolo dal bel titolo, e con un incipit che lascia ben sperare.
Vado a pagina 21 e proseguo nella lettura: «E lei, con la semplicità e l’assenza di filtri che solo a nove anni hai, con il ditino alzato perché ha capito che stava facendo una piccola lezione a un adulto, mi ha espresso il suo pensiero tutto d’un fiato: “Ma no, sbagli. Io anche se sono una bambina, mi puoi chiamare bambino: sono i bambini che non puoi chiamare bambine”». Wow, fantastico, penso. Ora il giornalista spiegherà quanto introiettato è il cosiddetto maschile “neutro” (o inclusivo).
E invece no. Continua poco sotto dicendo che lui ci si è provato a «scalfire l’assoluta certezza di Sofia», ma «lei si sentiva bambina, appartenente alla categoria dei bambini». Ok, ci siamo: ora il giornalista spiegherà quanto introiettato è il cosiddetto maschile “neutro” (o inclusivo), bene. E invece commenta subito «Tutto normale, certo»… scusa, in che senso è da intendere questa frase? È normale nel senso che è diffuso questo uso, non nel senso che sia “normale” che io donna mi nomini al maschile vero?… Ora chiarisce di certo, proseguo speranzosa a leggere: «Tutto normale, certo. Ma indicativo nel nostro chiacchierare quotidiano. Le parole non sono solo un suono. Le parole creano identità. Contenuto. Differenze. E pregiudizi. Le parole non sono neutre e i linguisti ben lo sanno». Esatto, bravo… avevo temuto, non si capiva bene l’argomentazione dove volesse andare a parare e invece… Leggi il resto »
COMMISSIONE PARI OPPORTUNITA’ ORDINE AVVOCATI TORINO
Il LINGUAGGIO di GENERE negli ATTI GIUDIZIARI in ITALIA ed in EUROPA
OBIETTIVO: Promuovere una più rispettosa cultura per l’uso corretto del linguaggio, con particolare riguardo al principio di non discriminazione di genere, nella stesura dei provvedimenti dell’Autorità giudiziaria e degli atti giudiziari per le parti.
24 ottobre 2017 MAXI AULA 2
h. 14.30/17.30 ingresso 15– seminterrato Palazzo di Giustizia – Torino
Ci fa molto piacere che la Città di Torino abbia approvato le Linee Guida per un utilizzo non discriminatorio del linguaggio in base al genere nell’attività amministrativa creando così uno strumento di consultazione e di autoformazione per tutte/i le/i dipendenti che, da oggi, dovranno adottare un linguaggio rispettoso del genere nella modulistica, nelle pagine web e in qualunque altro documento e atto ammininistrativo.
E’ un riconoscimento del nostro lavoro iniziato nel marzo del 2015 quando lanciammo la campagna “Donne con la A” accolto e portato avanti dalla precedente amministrazione Fassino che aveva coinvolto un gruppo di esperti per riformare il linguaggio dell’amministrazione eliminando qualsiasi forma di discriminazione di genere e che era approdata ad una carta d’intenti “Io parlo e non discrimino” in cui la Città di Torino si faceva promotrice, insieme ad altre amministrazione del territorio (la Città Metropolitana di Torino, la Regione Piemonte, il Consiglio Regionale del Piemonte e l’Università degli Studi di Torino) ad adottare linee guida che permettessero di eliminare forme di discriminazione di genere negli atti, nella documentazione, nella modulistica e nella comunicazione e nel contempo che sensibilizzassero tutti e tutte su questo tema.
Ora, con l’approvazione delle linee guida, siamo ad un buon punto del percorso, che però dovrà continuare anche con atti concreti che promuovano il linguaggio non sessista su tutto il territorio!