“L’amavo più della sua vita” nelle scuole

di Laura Onofri

Dare un senso al lavoro che si è scelto di fare in un’ associazione,  in una comunità  non sempre è facile, non sempre è gratificante, qualche volta anzi provoca anche qualche frustrazione, a volte un senso di fallimento se non si raggiunge l’obiettivo che ci si era proposti.
Però ci sono momenti che restituiscono valore  a quello che stai facendo, ti indicano che la strada che stai percorrendo è quella giusta.

Questa settimana  alcune di noi sono andate in due licei della Città a parlare con gli studenti di violenza contro le donne.
Abbiamo iniziato senza troppe parole, proiettando subito il video della piece teatrale  di  Cristina Comencini  “L’amavo più della sua vita”, lo spettacolo che l’anno scorso il nostro Comitato presentò a Torino, alle OGR nell’ambito dell’iniziativa “Mai più complici”.
La forza, la capacità di parlare della violenza, del  femminicidio in un modo diretto e con un’interiorità profonda,  andando a sciogliere quei grumi infiniti  ed indefiniti che sono dentro ai ragazzi e alle ragazze e  che, Cristina Comencini  fa  affiorare da questo lavoro,  sono  qualità indiscutibili, e che  confermano non solo il  suo grande valore di scrittrice, ma anche la  ricerca e l’attenzione che ha dedicato a questo tema con una sensibilità ed uno studio attento della società. Leggi il resto »

Da Mai più complici al decreto sul femminicidio

Laura Onofri
Per concludere, con la pausa estiva, le riflessioni sul decreto legge sul femminicidio, mi sembra giusto ricordare
che Se Non Ora Quando ha posto pubblicamente e costantemente la drammatica situazione italiana sulla violenza contro le donne dall’aprile del 2012 quando fu lanciato l’appello MAI PIU’ COMPLICI, appello firmato da circa 60 mila persone e di cui riporto qui qualche stralcio:
….Le notizie li segnalano come omicidi passionali, storie di raptus, amori sbagliati, gelosia. La cronaca li riduce a trafiletti marginali e il linguaggio le uccide due volte cancellando, con le parole, la responsabilità. E’ ora invece di dire basta e chiamare le cose con il loro nome, di registrare, riconoscere e misurarsi con l’orrore di bambine, ragazze, donne uccise nell’indifferenza. Queste violenze sono crimini, omicidi, anzi FEMMINICIDI. E’ tempo che i media cambino il segno dei racconti e restituiscano tutti interi i volti, le parole e le storie di queste donne e soprattutto la responsabilità di chi le uccide perché incapace di accettare la loro libertà.
E ancora una volta come abbiamo già fatto un anno fa, il 13 febbraio, chiediamo agli uomini di camminare e mobilitarsi con noi, per cercare insieme forme e parole nuove capaci di porre fine a quest’orrore……
Vogliamo che l’Italia si distingua per come sceglie di combattere la violenza contro le donne e non per l’inerzia con la quale, tacendo, sceglie di assecondarla.
Leggi il resto »

RIFLESSIONI PER IL 25 NOVEMBRE GIORNATA INTERNAZIONALE PER IL CONTRASTO ALLA VIOLENZA DI GENERE

 

CENTODIECI. L’Italia rincorre primati: sono centodieci, dall’inizio di questo 2012, le donne morte per mano di uomo. Una di queste si chiamava Vanessa, 20 anni, siciliana, strangolata e ritrovata sotto il ponte di una strada statale. I nomi, l’età, le città cambiano, le storie invece si ripetono: sono gli uomini più vicini alle donne a ucciderle. Le notizie li segnalano come omicidi passionali, storie di raptus, amori sbagliati, gelosia. La cronaca li riduce a trafiletti marginali e il linguaggio le uccide due volte cancellando, con le parole, la responsabilità. E’ ora invece di dire basta e chiamare le cose con il loro nome, di registrare, riconoscere e misurarsi con l’orrore di bambine, ragazze, donne uccise nell’indifferenza. Queste violenze sono crimini, omicidi, anzi FEMMINICIDI. E’ tempo che i media cambino il segno dei racconti e restituiscano tutti interi i volti, le parole e le storie di queste donne e soprattutto la responsabilità di chi le uccide perché incapace di accettare la loro libertà. E ancora una volta come abbiamo già fatto il 13 febbrai del 2010, chiediamo agli uomini di camminare e mobilitarsi con noi, per cercare insieme forme e parole nuove capaci di porre fine a quest’orrore. Le ragazze sulla rete scrivono: con il sorriso di Vanessa viene meno un pezzo d’Italia. Un paese che consente la morte delle donne è un paese che si allontana dall’Europa e dalla civiltà. Vogliamo che l’Italia si distingua per come sceglie di combattere la violenza contro le donne e non per l’inerzia con la quale, tacendo, sceglie di assecondarla.

FERMIAMO LA VIOLENZA SULLE DONNE

 

Il percorso sulla violenza iniziato da “Se NOn Ora Quando?”  con l’appello “Mai più complici”,  e conclusosi a Torino, con l’iniziativa organizzata dal Comitato Torinese  è solamente la fine di una prima fase di analisi, elaborazione e mobilitazione pubblica lanciata da Se non Ora Quando? per riflettere anche  con linguaggi nuovi su questo fenomeno divenuto ormai un tema ineludibile dall’agenda politica del nostro Paese.

Da questo percorso,   è nata nel nostro Comitato la consapevolezza dell’importanza di ribadire il nesso fra il tema della violenza e tutte le altre discriminazioni subite ancora oggi dalle donne nel nostro paese.

Il racconto delle donne giovani e meno giovani, che abbiamo incontrato in questi anni  nelle molte iniziative, nelle piazze,  nelle scuole,  nei teatri,  compongono un collage di parole e immagini che sono  tornate a riempirsi di contenuti simbolici e reali, di valori condivisi ed inclusivi: un racconto a più voci, arricchito da desideri, bisogni, possibilità di scelta, libertà e diritti.

Il sogno di una società diversa, costruita sulla solidarietà tra generi e generazioni, in cui convivono differenze, eguaglianze, pari opportunità: in altri termini una piena cittadinanza.

Tanti ostacoli ancora si frappongono a che questo desiderio diventi realtà:

Diseguaglianze, discriminazioni, privilegi, corruzione, limiti all’accesso e all’esercizio dei diritti umani fondamentali delle donne: la vita, la sicurezza, la salute, il lavoro, il benessere, il diritto alla maternità per poi arrivare fino ai diritti politici ed economici.

Capire le ragioni profonde di quella costante negazione di cittadinanza, in ogni ambito della vita pubblica e privata è il primo passo da cui partire. E questo abbiamo cercato di fare nelle due giornate dedicate alla violenza organizzate dal nostro Comitato il 13 e 14 ottobre.

Sono stati coinvolti nel dibattito le più alte cariche istituzionali, i centri antiviolenza – esemplare rete di esperienza e competenza, tutta italiana – il servizio pubblico radiotelevisivo, la magistratura e l’avvocatura e poi gli operatori sanitari, i centri di ascolto degli uomini autori di violenza, le antropologhe, le giornaliste, le economiste, le immigrate, gli psicologi, le insegnanti …

Si è parlato di Convenzioni Internazionali, di cultura ed educazione di genere, di media e pubblicità, di formazione professionale, di prevenzione e protezione, di seconda vittimizzazione, di testimoni della violenza, di sistemi giudiziari, di finanziamenti pubblici, costi sociali ed economici della violenza, di necessaria diffusione della parità e della democrazia paritaria.

Sono stati individuati i nessi tra le discriminazioni che sono all’origine della violenza e la mancanza delle donne nei luoghi decisionali dell’ economia, della politica, dei media e della produzione culturale, anche contemporanea.

Si è ribadito ancora una volta  che la violenza sulle donne ha spesso un volto invisibile,  nascosta perchè non denunciata;  multiforme perchè si concretizza in molti modi,  trasversale ad ogni categoria sociale, etnia, religione e latitudine;  orribile e raccapricciante, per le modalità con cui e si manifesta per soffocare gli aneliti di libertà.

Ma la violenza, svelando se stessa, svela tutte le discriminazioni  E dunque il grande appello, “Mai più complici”, ha indicato agli uomini e alle donne le ragioni più profonde della violenza, con il coraggio di toglierle il velo e nominarla.

Il termine   femminicidio, che spesso veniva usato per crimini commessi in terre lontane dal nostro Paese o solo da addetti ai lavori,   è entrato nel linguaggio comune ed è oggi usato dai media; questo termine così crudo ma così  immediato,  ha risvegliato le coscienze e messo a nudo la vergogna di un’intera società, una società che non è in grado di far fronte ad un’emergenza come quella della violenza con numeri di vittime impressionanti e di uno Stato che non ritiene di farsi carico di un problema che non è privato, ma pubblico.

Anche molti uomini hanno cominciato a capire che il problema li riguardava, hanno iniziato una seria analisi sulla propria identità, sulle ragioni della violenza di genere, su modelli sociali e culturali stereotipati, sulla qualità della relazione con la donna e con il suo corpo. Hanno voluto parlare con le donne.

Da parte delle istituzioni la firma della Convenzione di Istanbul è un primo passo, ma stiamo ancora aspettando la ratifica della Convezione stessa, senza la quale questo impianto normativo non diventa legge dello stato e quindi rimane lettera morta.

Ribadiamo  che  la violenza di genere non è un affare “femminile” né uno slogan pre-elettorale: è una questione di democrazia negata che si combatte con trasformazioni culturali e ampiamente condivise, capaci di diffondere l’affermazione della legalità, dei diritti, delle libertà e del reciproco riconoscimento dei generi. Dunque, oltre che di leggi, abbiamo bisogno di una politica nuova, fatta da uomini e da donne e quindi di una democrazia paritaria.

Il resto, ci a uguriamo, seguirà grazie alla forza delle donne.

(laura onofri)

“Lo stupro di Lucrezia” di Valter Malosti alle Fonderie Limone

Il Comitato Se Non Ora Quando di Torino sarà presente alle Fonderie Limone dove stasera, 20 novembre, alle 19.30, debutta in prima nazionale uno spettacolo di Valter Malosti “Lo stupro di Lucrezia” che sarà replicato fino al 2 dicembre. (Date e orari dello spettacolo sul sito del Teatro Stabile di Torino www.teatrostabiletorino.it/?projects=lo-stupro-di-lucrezia) È un adattamento teatrale dello stesso Malosti dell’opera di William Shakespeare, la storia di Lucrezia che, dopo essere stata stuprata da Tarquinio, si suicida. In Shakespeare la voce della donna si dilata e diviene uno dei più alti esempi di  meditazione sulle conseguenze dello stupro visto dalla parte di una donna, attraverso una serie di lamentazioni, introspezioni, allegorie, invettive contro il Tempo, la Notte, l’Occasione.

Se Non Ora Quando, che ha organizzato a Torino dal 4 al il 14 ottobre scorso una serie di eventi contro la violenza alle donne e ha lanciato il grande appello, “Mai più complici”, ritiene utile che continui un’azione di sensibilizzazione. Per questo Se Non Ora Quando Comitato di Torino sarà presente alle Limone Fonderie in occasione di ogni replica dello spettacolo “Lo stupro di Lucrezia” anche per portare i propri contenuti e riflessioni sulle ragioni della violenza di genere, su modelli sociali e culturali stereotipati, sulla qualità della relazione con la donna e con il suo corpo.

Domenica 25 novembre dopo lo spettacolo delle ore 15.30, seguirà un dibattito sulla violenza a cura del Comitato di Torino “Se Non Ora Quando?” con Milena Boccadoro, Cinzia Ballesio e Stefanella Campana.

La violenza, svelando se stessa, svela tutte le discriminazioni contro le donne. Violenza che in Italia ha già fatto oltre cento donne morte per mano di un uomo. Femminicidi, la vergogna di un’intera società, una società che non è in grado di proteggere le sue figlie, le sue bambine, private del loro futuro, dei sogni, dei diritti fondamentali, della vita stessa.

 

Parlare di femminicidio a babbo morto

Lunedì 29 ottobre 2012

Donne di Fatto de Il Fatto Quotidiano

Eva Macali

Ieri mattina mentre sfogliavo i giornali mangiando la nutella con le dita mi è caduto l’occhio su un elzeviro di Saverio Raimondo in apertura del Misfatto, l’irrinunciabile supplemento di satira de Il Fatto Quotidiano. Il tema era il femminicidio e per lo stupore sono riuscita addirittura a separarmi dal venerato barattolo. Ma la lettura del pezzo mi ha fatto cadere la mascella: si trattava un attacco frontale al movimento Se Non Ora Quando, accusato di svariate ignobili nefandezze.

Ma com’è possibile? Tu quoque Saverio! Mi sono ripresa il barattolo di nutella e tenendolo bello stretto ho letto che le femministe di Snoq sarebbero nientepopodimeno che delle renziane ante litteram.

Questo è troppo, caro Saverio, prendo l’accusa sul personale. Quindi eccomi qui, da misfattista ante literam, a pulirmi le dita di cioccolato per spiegarti non una, ma forse anche due o tre cose, affinché nel brulicare delle tue sinapsi cerebrali s’insinui il sano dubbio di aver scritto delle sonore cazzate. Vorrei cominciare dal fondo del tuo pezzo, quando dici che Snoq ha “sfruttato il corpo delle donne per ragioni politiche” ma già la noia comincia a travolgermi.

Preferisco annotare che non si capisce dove sia la satira nel tuo ragionamento spiegato. Da satirica a satirico te lo dico tenendo il cuore nella mano con cui prendo la nutella, perché mi aspetterei qualcosa di più di “La madre dei maschilisti è sempre incinta”, che ha quel sapore da Maurizio Costanzo Show che mi rovina la foderatura del palato al gusto gianduia.

Non te lo devo spiegare io che se me lo spieghi non serve a niente. Non chiedo neanche che mi strappi una risata, guarda. Ma a leggere la nota di biasimo per la fantomatica raccolta di “donazioni e sostegni economici” di Se Non Ora Quando mi ritrovo catapultata in un pezzo di Camillo Langone sul Foglio, o nel solito trafiletto senza capo né coda de Gli Altri.

Questa questione dei “fondi rosa”, penso che ti piacerebbe chiamarli così, mi è particolarmente cara. Sono di Genova, un posto dove hanno inventato le banche e il seme delle carte da gioco non lo chiamano “quadri” ma “denari”. Quindi ecco la cruda realtà, che posso raccontare con cognizione di causa facendo parte del comitato promotore nazionale di Se Non Ora Quando. Snoq vive di volontariato e anime buone. Ha un bilancio che definire modesto significa fare alta diplomazia. Per finanziarci siamo diventate talmente esperte nella vendita di magliette, spille e shopper di tela che Wanna Marchi ogni mese ci manda i complimenti vergati a mano. Io stessa ho l’armadio pieno di magliette Snoq di tutte le taglie e colori. Non sono ai livelli della moglie di Fantozzi con i filoncini di pane ma poco ci manca. Le donazioni le vediamo giusto con il microscopio elettronico e non si sa se la nostra tesoriera è della scuola Lusi o cosa, ma spariscono subito per pagare qualche creditore.

Veniamo alla parte più seria di questo post. È la realtà dei fatti e tutto fa tranne ridere. Se oggi si parla tanto di femminicidio è perché il 27 aprile di quest’anno Snoq ha scritto e lanciato un appello chiamato Mai Piu Complici, volto a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla violenza contro le donne. L’appello, come forse ti è sfuggito, è rimbalzato ben oltre le pagine rosa antico del sito Se Non Ora Quando: in tv, su quotidiani e periodici. Insieme a Giulia, Snoq esercita pressione sul mondo giornalistico affinché la lettura dei fatti avvenga in maniera appropriata. Numerosissimi sono i contributi dai lavoratori della conoscenza su questo tema, eccone qui uno, e un altro, soltanto a titolo di esempio. L’appello, che ha 50mila firmatari e più, ha generato alcune irruzioni surreali nella grigia realtà, quando la Figc ha aderito dichiarando ufficialmente che “La violenza sulle donne è un problema degli uomini” e offrendosi di farsi carico del tema del femminicidio in ambito calcistico (c’è anche l’endorsement di Totti, se ti fa piacere). Numerose altre iniziative da parte di uomini amici delle donne si sono susseguite, l’ultima in ordine temporale è questa. Sono stati organizzati due eventi nazionali dedicati al tema della violenza sulle donne, con interventi e punti di vista multiformi e plurali, a Merano e a Torino. Senza contare le numerose iniziative dei comitati territoriali, da Catania, a Verona, a Genova.

Ci sarebbe tanto altro da raccontare, perché il femminicidio è un tema complesso, di natura sostanzialmente culturale e psicologica. Mentre la dignità e l’indignazione innescano nelle persone una call-to-action istintiva, per usare un termine pubblicitario, la violenza subìta o agìta viene spesso rimossa perché appartiene alla sfera intima e familiare. Per intenderci, non è facile denunciare il padre dei tuoi figli con cui condividi il tetto di casa. In Italia, la legge non lo obbliga neanche ad andarsene.

Caro Saverio, la questione è articolata e non si può trattare un tanto al chilo, anche e soprattutto sul piano mediatico e della comunicazione. La differenza, per fartela veramente molto facile, è quella che passa tra farsi un giretto su YouPorn e accettare la complessità dell’erotismo, con tutta la parte sommersa dell’iceberg che si porta dietro. Quando scendi a vedere sott’acqua rischi quasi di spaventarti, ma è quello il lavoro da fare.

Link articolo: www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/29/parlare-di-femminicidio-a-babbo-morto/396810/?fb_action_ids=10151245648182240&fb_action_types=og.recommends&fb_source=aggregation&fb_aggregation_id=288381481237582