Genitorialità fattore di competizione Il caso della francese Axa

Corriere della sera La 27 ora  – 5 aprile 2017         Maria Silvia Sacchi

Mentre si inizia a discutere sulle leggi che riguardando la maternità in Italia, vedi libro bianco presentato il 19 marzo scorso in occasione delle celebrazioni in ricordo del giuslavorista Marco Biagi ucciso dalle Brigate Rosse, le aziende multinazionali, dovendo competere su tutti i Paesi del mondo, aprono una strada tutta loro in tema di genitorialità. Per ora a muoversi sono stati i francesi Kering e Axa, gruppo del lusso il primo, delle assicurazioni il secondo.

«Come azienda in questi anni abbiamo lavorato molto sull’inclusione, che passa per il concetto della valorizzazione delle diversità — dice Maurizio Di Fonzo direttore risorse umane di Axa Italia —. Rientra in questo ambito la nuova policy di congedo parentale per entrambi i genitori che ha l’obiettivo di favorire il benessere dei dipendenti anche in un momento così importante e bello della loro vita, in una interpretazione al passo con i tempi della genitorialità».

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Oltre le scollature

SeNonOraquando? Torino è stata invitata a partecipare al convegno internazionale sui musei delle donne in Sud Tirolo

Venerdì 17 e sabato 18 marzo a Borgo Valsugana in Sud Tirolo parteciperemo  al primo Convegno dei Musei della Donna, nazionali e Gect/Euregio, dal titolo “Oltre le scollature” per parlare del progetto  Potere alla Parola, in collaborazione con il Salone Internazionale del Libro di Torinoormai giunto alla 5 edizione.

L’iniziativa è  promossa dal Museo Soggetto Montagna Donna/Casa Andriollo di Olle e dall’Associazione “La Casa di Alice A” in collaborazione con il Frauenmuseum-Museo delle Donne di Merano, con IAWM-International Association of Women’s Museums e con “Se non ora quando-Alto Adige”,

Due giornate intense durante le quali esperte, nazionali e internazionali, operatrici culturali e volontarie, sono chiamate a confrontarsi intorno a temi legati alle pari opportunità e ai musei delle donne. Si intende riflettere su argomenti diversi ma molto attuali, sui quali si giocano oggi sfide importanti con le quali siamo invitati a confrontarci per raccontare, senza cadere in facili stereotipi, il mondo femminile nel terzo millennio.

Al centro della prima giornata, aperta al pubblico, brevi interventi sulla storia, la cultura e la politica, il lavoro, l’Europa, il futuro e le nuove generazioni, l’interculturalità, il linguaggio, l’educazione, gli approcci museografici e quelli curatoriali e l’incontro pubblico serale dal titolo “Giornaliste e mondo dell’informazione” che vedrà protagoniste la madrina del convegno, la giornalista Rai Maria Concetta Mattei, e l’autrice e blogger Lorella Zanardo. La seconda giornata è invece riservata alle operatrici dei musei delle donne e alle volontarie di “Se non ora quando” che parteciperanno al workshop dal titolo “Oltre le scollature… dentro la rete”. Nell’ambito del convegno sono state curate da Rosanna Cavallini, direttrice del Museo Soggetto Montagna Donna / Casa Andriollo, due mostre sulle espressioni artistiche femminili contemporanee e del passato, in collaborazione con la Biblioteca civica di Borgo Valsugana, il Frauenmuseum – Museo delle Donne di Merano, il Comune di Trento e la Provincia autonoma di Trento.

qui il programma completo

Se il Pd è al maschile non è questione di quote

In.genere – 21 febbraio 2017  – Roberta Carlini

La storia attuale del Partito democratico e la politica in cui le donne non si fanno avanti. Qualunque sia la causa, non è questione di quote.

Per la grammatica, il partito è un sostantivo maschile singolare. La scissione, invece, è un nome femminile. Così anche l’assemblea. Ma nell’ultima vicenda che ha occupato le cronache politiche nel centrosinistra, i nomi propri sono tutti maschili: Matteo (due volte: Renzi e Orfini), Michele (Emiliano), Pierluigi (Bersani), Roberto (Speranza), Enrico (Rossi).

Dietro le quinte, Massimo (D’Alema). A sorpresa, tra gli oratori di peso, Walter (Veltroni). In low profile, il capo del governo, Paolo (Gentiloni). Mentre, molti chilometri più su, in quel di Rimini nasceva Sinistra Italiana, affidandosi a un Nicola (Fratoianni), con la separazione annunciata di un Antonio (Scotto). Nel mezzo, il campo progressista di Giuliano (Pisapia).

La sinistra e i suoi eredi hanno tanti problemi, evidenti. Più uno, mastodontico ma ignorato: sono scomparse le donne. Intendiamoci, le donne ci sono, nelle foto di gruppo del poco comprensibile dramma dell’Hotel Parco dei Principi come tra gli interventi. Ma non danno titolo, e stavolta non si può dare la colpa ai giornalisti. Leggi il resto »

Decreto asili. Meglio che nulla, ma lontano dal necessario

In.genere   3 febbraio 2017   – Emmanuele Pavolini  Chiara Saraceno

L’analisi  dello schema di decreto sugli asili in discussione spiega perché i nidi non sono ancora uno strumento di pari opportunità per mamme e bambini

Lo Schema di decreto legislativo recante istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni (380) (articolo 1, commi 180, 181, lettera e), e 182, della legge 13 luglio 2015, n. 107 – trasmesso alla Presidenza il 16 gennaio 2017 – definisce chiaramente i nidi d’infanzia come servizi educativi a tutti gli effetti integrati alla scuola per l’infanzia, con l’obiettivo  di “garantire ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali”. Si conferma così, e sperabilmente si consolida, un processo già ampiamente avviato, almeno nella maggioranza dei comuni delle regioni centro-settentrionali.

Perché l’obiettivo si realizzi occorre che si realizzino almeno due condizioni. La prima è il superamento della enorme disparità territoriale nei livelli di copertura –  dal 26% circa dell’Emilia-Romagna a meno del 2% della Calabria –  non compensati neppure dalla offerta privata, come mostra una recente indagine Istat[1]. Questa stessa indagine, inoltre, mostra che se si considerano i posti in strutture pubbliche, convenzionate e private si arriva ad un tasso di copertura pari a circa il 20%: un dato molto lontano dal (modesto) obiettivo del 33% che l’Unione Europea si è data all’interno della Strategia Europa 2020. La seconda condizione è l’accessibilità economica del servizio, non sempre agevole per le famiglie di ceto medio a doppio lavoratore che non rientrano tra coloro che hanno una retta scontata – e non possono permettersi le rette dei nidi privati nel caso frequente di mancanza di posti nel settore pubblico o convenzionato. A differenza delle scuole per l’infanzia, i nidi sono definiti servizi a domanda individuali, per i quali è richiesta la compartecipazione ai costi da parte dell’utente.

La scarsità dell’offerta, le differenze territoriali e i costi non sempre sopportabili contribuiscono sia a rafforzare le disuguaglianze nelle pari opportunità tra bambini e bambine sul territorio nazionale – fra Nord e Sud – e per classe sociale – sono soprattutto i figli delle classi medio-alte più che di quelle popolari ad accedere -, sia a far considerare il nido e servizi simili un servizio a bassa legittimità culturale, da utilizzarsi solo in caso di estremo bisogno o di mancanza di alternative famigliari. Tutto ciò rende difficile ai genitori, in particolare alle madri, conciliare la ricerca e il mantenimento di una occupazione in presenza di un bambino molto piccolo, con effetti negativi sia sulle decisioni di fecondità sia sulla permanenza delle donne nel mercato del lavoro e sul loro reddito a medio e lungo termine.  Leggi il resto »

Le pari opportunità in politica? Merito dei social network

Corriere della sera. La 27 ora 18 ottobre – Giovanna Cavalli

E alla fine si scopre che, per realizzare le pari opportunità, gli strumenti più democratici sono proprio i social media, almeno in politica. Questo è il risultato di uno studio promosso dal Wip (Women in Parliaments Global Forum) che, in collaborazione con l’università di Harward e il sostegno di Facebook, ha intervistato circa 900 parlamentari donna di 107 Paesi (12 le italiane) sull’uso dei social network nella loro attività. La conclusione del rapporto è che questi strumenti di comunicazione sono degli efficaci equalizzatori sociali: accessibili, gratuiti (a parte i costi tecnici di cellulare o pc e connessione, niente a che vedere con costose campagne elettorali), concedono a tutti, uomini e donne, le stesse possibilità. Non male, considerato che al mondo le parlamentari sono ancora solo il 22,8% e che in 38 Paesi le assemblee sono composte al 90% di soli maschi. Solo in due, Bolivia e Rwanda, sono la maggioranza. Leggi il resto »