Il rispetto e la dignità non si possono barattare

Laura Onofri

Quello che colpisce favorevolmente nella vicenda della settantesima edizione del Festival della canzone italiana di Sanremo sia in relazione alla partecipazione alla gara del rapper Junior Cally, sia per le note dichiarazioni del presentatore Amadeus, è che ci sia stata un’ondata di indignazione e di proteste provenienti non solo dal mondo del femminismo e dell’associazionismo femminile, ma anche da altri ambienti culturali. Indignazione e proteste perchè la Rai non può accettare e ammettere alla gara un cantante che con i suoi testi trasmette un modello culturale sessista e violento e che il presentatore di una delle manifestazioni più seguite in Italia, lanci messaggi  in cui le donne sono, ancora una volta, rappresentate attraverso stereotipi.

Non può perchè la Rai è un servizio pubblico e, come scrivono puntualmente in una lettera indirizzata ai vertici della nostra televisione pubblica le associazioni Rete per la parità e Donne in quota, la Rai è soggetta a tenere comportamenti in linea con il Contratto di Servizio Pubblico Rai-Mise 2018-2022 che prevede fra i suoi punti una serie di prescrizioni che sono state puntualmente disattese.

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Sessismo. Riconoscilo. Parlane. Fermalo.

A marzo 2019, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha adottato una nuova Raccomandazione sulla prevenzione e la lotta contro il sessismo. Questo testo non solo contiene la prima definizione di sessismo accettata a livello internazionale, ma propone anche una serie di misure concrete per combattere questo fenomeno ampiamente diffuso.

Il sessismo è presente in tutte le aree della vita: alle donne sono rivolti apprezzamenti in strada e sono ignorate durante le riunioni di lavoro, e i ragazzi, nei videogiochi, sono bombardati da modelli di comportamento aggressivi, in cui si identificano. Il sessismo si esprime anche quando le donne attive in politica ricevono commenti sulla lunghezza della loro gonna, piuttosto che sul loro ultimo rapporto parlamentare. Il sommarsi di episodi caratterizzati da un comportamento sessista può portare all’accettazione della discriminazione o persino della violenza.

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L’odio contro le donne: da non punire sui social, secondo la maggioranza

La Stampa 9 luglio 2019 Flavia Amabile

Via libera della commissione Giustizia del Senato al disegno di legge sul Codice rosso ma bocciato dalla maggioranza un emendamento delle opposizioni per perseguire la propaganda e l’istigazione alla discriminazione e la violenza contro le donne

Non si deve punire l’odio contro le donne diffuso su social e in generale sulla rete. La maggioranza ha bocciato ogni tentativo delle opposizioni di sostenere un emendamento al disegno di legge che introduce il Codice Rosso all’esame della commissione Giustizia del Senato. E’ una decisione che arriva proprio nel pieno delle polemiche del sottosegretario alle Pari Opportunità Vincenzo Spadafora che accusa il ministro Salvini di usare un linguaggio che incita l’odio maschilista. In nome della lotta alla violenza verbale contro le donne si uniscono tutte le opposizioni, compresi Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.

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Un altro attacco sessista: a denunciarlo un servizio di Piazza Pulita

Laura Onofri per SeNonOraQuando? Torino

L’ennesimo attacco sessista: questa volta a farne le spese è la Consigliera regionale Nadia Conticelli  per aver “osato” attaccare con un post Matteo Salvini sul caso Diciotti.  Ne hanno parlato l’altra sera in un  servizio andato in onda su La 7 a Piazza Pulita.

Il giornalista è andato a cercare alcuni di questi “leoni da tastiera” che avevano ripetutamente insultato e  offeso la Consigliera sino ad augurare lo stupro a lei e alle sue figlie ma che di fronte alle telecamere sono sembrati più conigli che leoni, arrivando addirittura a negare quello che avevano scritto.

Il cronista nel corso della sua inchiesta intervistava anche il Vice Sindaco di Nichelino che non solo non stigmatizzava  in modo netto e deciso il vergognoso comportamento sessista di Carmelo Mendolia,  (ex consigliere comunale di Nichelino) che su un social media, augurava lo stupro alla Consigliera, ma  anzi con un sorriso malizioso e divertito,  minimizzava uno degli atti più orrendi che possa essere augurato ad una donna: lo stupro.

https://www.facebook.com/conticellicrp/videos/392668848128021/UzpfSTE2NDY3NDQ1MDc6MTAyMTcxNjE1NjEzODQ5MjY/

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Il sessismo si combatte anche in Rai

Laura Onofri

La notizia che la Rai sospende Fulvio Collovati per due settimane per le “frasi sessiste” pronunciate in diretta a “Quelli che il calcio”, mitiga solo in parte l’indignazione che certe affermazioni producono e il “male” che fanno a livello culturale ed educativo, considerato il gran numero di telespettatori e telespettatrici, anche giovani, che assistono al programma.

Ci chiediamo come sia possibile che  una persona, che nel 2019 fa queste affermazioni,: “Le donne non possono parlare di tattica, quando sento che lo fanno mi si rivolta lo stomaco”“Le donne non capiscono come gli uomini. Le calciatrici? Qualcosa sanno, ma non al 100%” possa ancora essere invitata e pagata dal servizio pubblico non solo a commentare le  partite (perchè forse sarebbe meglio che ci si limitasse a questo), ma a dare giudizi su aspetti e temi sociali in cui dimostra di non sapersi assolutamente approcciare.

Perchè non mi si venga a dire, come fa Massimiliano Parente, oggi sul Giornale.it che si lede la libertà di espressione e di pensiero;  perchè di questo passo sdoganiamo tutto: anche invitare in un programma televisivo chi inneggia allo stupro, o alla violenza! La Rai è un servizio pubblico e ha anche  intrinsecamente un ruolo educativo e proprio per questo deve scegliere e monitorare chi  interviene nei suoi programmi e si rivolge ad una platea varia ed eterogenea di persone e vista la fascia in cui vanno  in onda molte trasmissioni, anche di bambine/i e adolescenti.

E poi allora perchè scusarsi? Se il suo pensiero è legittimo e non offende nessuno, non c’era bisogno di scuse.

Il machismo, la misoginia sono difficili da abbattere e sappiamo quanto influiscano nel rendere una società non paritaria e discriminante. E’ la cultura che deve cambiare, altrimenti non faremo passi avanti e il cambiamento passa anche dal rilevare e non minimizzare comportamenti e frasi sessiste come quelle di Collovati.