La 27 ora Corriere della Sera 4 luglio 2014 – Jane Martinson *
Molti pensavano che il maschilismo nello sport avesse già toccato il fondo. Poi è arrivato un accessorio per giocare a golf prodotto proprio per sembrare un corpo di donna. Nudo, senza braccia e decapitato
Sarà stato il gioco di parole a mettere d’accordo tutte quelle menti del marketing sul fatto che il “Nudie Tee” sarebbe stato il regalo perfetto per un golfista? Quanto avranno gongolato al pensiero che quel “tee” non sarebbe rimasto un semplice pezzetto di plastica piantato in un prato su cui poggiare le palline, ma piuttosto – chiaro, no? – il suono della sillaba finale di “nudi-ty”, nudità. Pochi prodotti mostrano meglio di un “tee” progettato per assomigliare a un busto femminile nudo quanto il golf sia ancora largamente considerato un gioco da uomini. Una cosa così piccola e insignificante che, se hai due braccia virili e forti, puoi staccarle la testa con un colpo solo. Joanna Sharpen si è stupita che l’immagine del pacchetto di toraci di plastica – acquistabile a sole 2,99 sterline su Amazon ed Ebay – la sconvolgesse tanto. Dopo tutto, grazie al lavoro che le dà da mangiare, project manager dell’associazione Ava, ormai doveva essersi abbastanza abituata a esempi di violenze e insulti.
Come consulente e moderatrice della campagna del governo britannico “This is abuse” (“Questa è violenza”), ha anche parlato a circa 3.000 giovani, un terzo delle quali ha riferito di essere stata violentata. Alcune, dice, avevano solo 10 anni. Quando prova a spiegare la sua reazione istintiva di fronte a quell’“oggettino originale”, precisa che gli è capitato sott’occhio subito dopo aver letto la lista con i nomi delle donne uccise di recente dai loro compagni. «Quel prodotto ha avuto un effetto dirompente dentro di me perché il corpo è decapitato, e due donne proprio quest’anno sono state decapitate», racconta. «Non ha braccia, come se le donne fossero esclusivamente degli oggetti sessuali che non hanno bisogno di una testa o di braccia. La gente lo vede come una trovata pubblicitaria, un gadget. Ma in realtà fa molti danni». In risposta ai “tee” della Dunlop, Karen Ingala Smith, che con il progetto “Counting Dead Women” (“La conta delle donne uccise”) tiene il conto sul suo sito Web delle vittime di omicidio, ha stilato l’elenco delle sei donne che sono state decapitate nel Regno Unito dal gennaio 2012 ad oggi. Lo scorso sabato Joanna Sharpen ha lanciato una petizione online nel tentativo di far ritirare dal mercato i “nudie tee”. Lei ha messo in rapporto diretto la mercificazione disinvolta e la volgarizzazione del corpo femminile con gli studi che dimostrano quanto queste pratiche facciano aumentare violenze e discriminazioni. «La gente ci è passata su, ma per me è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso», dice. Visto che il tentativo di ottenere una risposta dalla Dunlop UK non aveva portato a niente – il sito Web suggerisce di inviare una lettera e indica un numero di telefono che non funziona -, Sharpen ha scritto al proprietario della casa madre, Mike Ashley. Il Guardian ha trovato il numero di un responsabile della comunicazione, ma sta ancora aspettando una risposta.
Nell’attesa, potrei partire dalla mia esperienza per immaginare cosa succederà. Quando Mike Ashley, in passato, è stato accusato di maschilismo per un set giocattolo delle pulizie rosa (chiamato “È roba da ragazze”), il discusso miliardario sembrava proprio aver deciso che sarebbe riuscito a far scomparire le critiche ignorandole. Questo atteggiamento della serie «sono-stupide-lagne-di-streghe-senza-senso-dell’umorismo-e-finiranno- nel-dimenticatoio» è probabilmente lo stesso che sta dietro a ogni sorta di schifezza aziendale, dalla vendita di T-shirt che esortano gli uomini a “mantenere la calma e picchiarla” (“Keep calm and hit her”) o che affermano “Oggi mi va di stuprarti”, fino al caso di Richard Scudamore, presidente della Premier League inglese, che usa un linguaggio disgustoso quando parla di donne. All’inizio pensavo che fosse solo un altro esempio di discriminazione sessista nello sport, l’ennesimo di un’ondata in continua crescita – dai commenti di John Inverdale su Marion Bartoli a quelli dell’accoppiata vincente Grey-Keys, solo per citarne alcuni -, ma la vendita on-line di questo genere di spazzatura si inserisce in un quadro più ampio, dove lo sport è semplicemente il campo in cui per gli uomini è più facile giocare sporco.
Basta rimanere zitte, farsi una risata, stare allo scherzo e smettere di lamentarsi. O prendersi un minuto e firmare questo appello . https://www.change.org/en-GB/petitions/dunlopsport-remove-the-misogynistic-nudie-tee-product Nessuno garantisce che arriverà una risposta adeguata, ma qual è l’alternativa?
* Questo articolo è stato modificato il 2 luglio 2014, con l’aggiunta del paragrafo «In risposta ai tee della Dunlop, Karen Ingala Smith, che con il progetto “Counting Dead Women” (“La conta delle donne uccise”) tiene il conto sul suo sito Web delle vittime di omicidio (…)». Si affermava inoltre che a stilare l’elenco delle vittime fosse stata Joanna Sharpen. Anche questo è stato cambiato.
Traduzione da The Guardian di Sara Bicchierini